La casa editrice Adelphi, fin dagli anni Novanta impegnata a ripubblicare l’imponente corpus della produzione letteraria di Georges Simenon, ripropone ora Il primogenito dei Ferchaux (L’aîné des Ferchaux), intenso, originale noir ambientato tra le fredde e nebbiose atmosfere della Francia settentrionale e il caldo afoso di Panama.
Il romanzo, scritto nel 1943 e pubblicato nel 1945, prende le mosse da un celebre caso giudiziario, che lo scrittore belga rievoca in una corposa premessa al testo. Uno scandalo che, a metà degli anni Trenta, aveva travolto i fratelli Ferchaux. Giunti in Africa alla fine dell’Ottocento come passeggeri clandestini, avevano accumulato un’immensa fortuna. Per alcune settimane il caso aveva occupato le prime pagine dei giornali.
Ci si chiedeva con quali mezzi i fratelli avessero accumulato la loro enorme fortuna, di quali complicità avessero goduto negli ambienti coloniali, politici e finanziari. Avvolta nel mistero la scomparsa del primogenito, il vecchio Dieudonné, il primogenito, definito il “bianco-con-una-gamba-sola”, il “Satrapo dell’Ubanghi”, il trafficante privo di scrupoli che aveva ucciso, con un candelotto di dinamite, tre portatori neri che minacciavano di abbandonarlo; l’uomo d’affari spietato che, dal suo rifugio in Normandia, aveva turbato i sonni di molti potenti con le sue scottanti rivelazioni.
Qui comincia il romanzo, entra in scena il suo vero protagonista: un giovane spiantato e ambizioso, Michel Maudet, che riesce a farsi assumere da Dieudonné Ferchaux come segretario. È l’inizio di una serie di peripezie che porteranno i due uomini da Caen a Dunquerque e da Tenerife a Panama, dove si consumerà l’efferato epilogo della vicenda.
Ma ciò che maggiormente interessa Simenon è lo studio delle dinamiche psicologiche che caratterizzano l’interazione tra due uomini, inizialmente legati da una segreta connivenza: il vecchio, che crede di ritrovare qualcosa di sé nel giovane, di cui pure percepisce l’inconsistenza e la crudeltà, e il giovane che, dopo aver subìto il fascino dell’anziano avventuriero, finisce per ridurlo in suo potere.
“Una lotta fra complici incompatibili, un duello che si svolge in una zona oscura, perfettamente congeniale a Simenon”, è stato scritto a commento dell’opera, ritenuta una dei capolavori del creatore del commissario Maigret.
Nel 1963, il regista Jean-Pierre Melville trasse dal romanzo l’omonimo film, distribuito in Italia con il titolo Lo sciacallo, con Charles Vanel e Jean-Paul Belmondo, rispettivamente nei ruoli di Ferchaux e di Maudet. La pellicola costituisce la terza e ultima collaborazione del regista con Belmondo, dopo Léon Morin, prete (Léon Morin, prêtre, 1961) e Lo spione (Le doulos, 1962). Nel 2001 l’attore interpreterà una trasposizione televisiva del romanzo, diretta da Bernard Stora, interpretando il ruolo di Ferchaux.
La gestazione de Lo sciacallo fu lunga e problematica. Inizialmente, si pensò ad Alain Delon nel ruolo del giovane segretario e l’attore suggerì Michel Simon per la parte di Ferchaux. Jean Valère avrebbe dovuto curare la regia. In seguito, Delon preferì partecipare all’Eclisse di Michelangelo Antonioni e la produzione si rivolse a Belmondo, che impose Melville alla regia, qui al suo primo film a colori.
Per il personaggio di Ferchaux, il regista avrebbe voluto scritturare Spencer Tracy, non disponibile per problemi di salute e la scelta cadde su Charles Vanel, già interprete, tra l’altro, de I diabolici (Les diaboliques, 1955) di Henri-Georges Clouzot e di Caccia al ladro (To Catch a Thief, 1955) di Alfred Hitchcock.
Titolo: Il primogenito dei Ferchaux (L’aîné des Ferchaux, 1945)
Autore: Georges Simenon
Traduttore: Laura Frausin Guarino
Editore: Adelphi – Collana: gli Adelphi, 691
Pagine: 368 – ISBN: 9788845938887
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