Uno dei quattro romanzi con protagonista Sherlock Holmes (il terzo, nonché il più gotico) si intitola “The Hound of the Baskervilles”. Venne pubblicato a puntate su The Strand Magazine (agosto 1901-aprile 1902) e in contemporanea con l’ultima puntata uscì la versione in volume (Newnes, 1902).
Nell’immagine di copertina di Alfred Garth Jones, e anche nelle illustrazioni interne di Sidney Paget, lo Hound del titolo ha la sagoma di un grosso segugio nero, e in effetti “hound” vuol dire segugio. Nei 35 adattamenti per cinema e televisione il titolo è stato talora variato, anche in modo creativo. In Italia (1968) è stato presentato in televisione come “L’ultimo dei Baskerville”, in Australia (1983) era “Sherlock Holmes and the Baskerville Curse”, in USA (1995) “The Slobbery Hound”, in Giappone (2015) “The adventure of Henry Baskerville and a Dog”, in Ucraina (2015) “Sherloch – The Cat of the Baskervilles”, in USA (serie “Elementary”) “The Hound of the Cancer Cells” (2014) e semplicemente “Hounded” (2015).
Come si vede, in quattro casi il termine “hound” non appare (in un caso diventa un gatto) e in tre casi non appare il nome Baskerville (il più significativo è “Il segugio bavoso” della versione USA 1995). In Italia, i titoli dei film doppiati variano: “Il mastino dei Baskerville”, “Il cane di Baskerville”, “La furia dei Baskerville”, “L’ultimo dei Baskerville”, “Il cagnaccio dei Baskervilles”.
Le traduzioni italiane del romanzo usano in 13 casi “Il mastino dei Baskerville”, in due casi “Il cane dei Baskerville”, e in due casi “La maledizione dei Baskerville”. Nel primo dei due, che è anche la prima edizione assoluta in italiano (“La Domenica del Corriere”, 2 novembre 1902 – 25 gennaio 1903) il nome del casato è scritto all’inglese, con la “s” finale.
Il motivo per cui mi sono preso la briga di citare tutti questi titoli è la discrepanza tra il titolo inglese del romanzo e i titoli in italiano, che in nessun caso usano il termine “segugio”. Perché mai? Il fatto è che né “segugio”, né “cane”, né “cagnaccio” rendono l’idea. Il termine “cane” può di certo essere usato all’interno del romanzo, ma non nel titolo. O meglio, può essere usato, ma non funziona.
Per alcuni appassionati questo è un problema (1) perché produce la falsa credenza che il mostruoso cane del romanzo sia un mastino, mentre invece si tratta di un (sospetto) incrocio tra un mastino (mastiff) e un segugio (boodhound).
Considerando questo incrocio, la scelta del termine “mastino” non appare troppo infelice, perché rende comunque l’idea della ferocia, mentre il termine “segugio”, che pure traduce il titolo originale alla lettera, non ha la stessa forza evocatrice ed è altrettanto impreciso. Per gli appassionati questa considerazione non è sufficiente e tuttavia non si può contestare una traduzione, se non si è in grado di offrirne una migliore. Perciò la domanda è: “Si può fare di meglio?”
Il noto specialista (nonché appassionato) Philip Weller esamina in modo accuratissimo la questione (2) per concludere che conviene usare il titolo originale. Il punto è che il termine inglese “hound” indica in modo generico il cane da caccia, ma evoca anche l’idea di cacciare, braccare, perseguitare, ovvero quello che accade effettivamente ai Baskesville del titolo, “The Hound of the Baskervilles”, che non significa solo “Il segugio dei Baskerville”, ma evoca anche la caccia, la persecuzione alla quale il casato è sottoposto.
Tutto ciò si perde nella traduzione letterale in italiano, e da qui la soluzione, non ottimale ma accettabile, operata con “Il mastino dei Baskerville”. Ma, se anche non si potesse fare di meglio, ci si può chiedere se esistono alternative almeno equivalenti. La risposta a questa seconda domanda è affermativa. Si può evitare, in effetti, di dare l’indicazione sbagliata sul tipo di cane che perseguita i Baskerville e usare solo il nome della casata.
Un buon esempio è “La maledizione dei Baskerville”, usata in due edizioni italiane, nonché nel citato film australiano del 1983, ovvero “Sherlock Holmes and the Baskerville Curse”, benché in quest’ultimo si aggiunga il nome dell’investigatore. Non è tutto, perché esiste un’altra soluzione, che io considero altrettanto buona, nella quale viene omesso il nome della casata. Un esempio è il titolo del già citato film USA del 1995, “The Slobbery Hound”, ovvero “Il segugio bavoso”, che però in italiano suona malissimo.
Esiste tuttavia una variante che mi sembra efficace, ovvero “Il cane infernale”, titolo usato per un film di Curtis Harrington del 1978, il cui titolo originale (e alquanto ridondante) è “The Devil Dog: The Hound of Hell”, letteralmente “Il cane del diavolo: Il segugio infernale”, che peraltro non c’entra nulla con il romanzo di Conan Doyle.
Note
(1) Si veda “Il mastino dei Baskerville”, di Stefano Guerra, Gianluca Salvatori & Enrico Solito, in: “The Strand Magazine” dell’associazione Uno studio in Holmes, giugno 2002.
(2) “Il nome del Hound, ovvero: Il nome del segugio, no, del cane, no, del…,” di Philip Weller, in: “The Strand Magazine” dell’associazione Uno studio in Holmes, giugno 2002.
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