La legge di Mike Hammer di Mickey Spillane e Max Allan Collins, Mondadori 2018.
La vita di Mike Spillane (1918-2006) mi ha attratto come tutte le vite movimentate. Studia legge, vende cravatte, fa il bagnino, il fumettista e perfino l’uomo proiettile in un circo. Quando ha bisogno di money per comprarsi una casa scrive un giallo. Problema risolto e lavoro definitivo trovato. Da ammirare. Da ammirare meno, semmai, la sua fobia contro i “rossi”, il suo razzismo, la sua visione del femminile. Chandler lo definì “nulla più di una mistura di violenza e pornografia esplicita”. Per quei tempi, forse. Oggi farebbe il solletico. Ma ogni avvenimento umano va giustamente circoscritto nella storia. E la storia di quei tempi subito dopo la fine della seconda guerra mondiale è una storia dura e difficile. C’è il maccartismo, una corrente reazionaria bella robusta ed una istintiva paura ed avversione per il nuovo ed il diverso. Mike Hammer, la sua creatura, non è un paladino di giustizia. La giustizia se la fa da solo. A suon di botte e pistolettate. Senza guardare in faccia nessuno. Nemmeno le donne, tutte maiale eccetto la mamma e la segretaria (forse). D’altra parte nei suoi libri odio e amore, sesso e morte fanno un tutt’uno. Sono indistinguibili. Spillane ebbe fortuna, tanta fortuna. Come autore, pur avendo la critica contro. Ogni volta che usciva un suo libro immancabilmente c’era Anthony Boucher del New York Times a dirgliene quattro. E se non c’era lui, perché malato o in vacanza, c’erano gli altri. All’uscita di “Io ti ucciderò”, sempre un giornalista, lo seppellì con la parola “lurido”. Ma più le critiche aumentavano, più aumentava la tiratura dei suoi libri. Siamo arrivati a circa 140 milioni di copie. Non male.
Qui abbiamo otto racconti che sintetizzano in maniera esemplare la forza espressiva di Mickey Spillane e la personalità di Mike Hammer (traduzione alla grande di Mauro Boncompagni). Sono stati messi insieme dall’amico scrittore Max Allan Collins e sviluppati in un arco temporale che va dagli anni Sessanta agli anni Novanta. Volteggerò in qua e là senza sintetizzare i racconti. Intanto nel vecchio Hackard Building, al centro di Manhattam, c’è la “Michael Hammer investigation”, l’agenzia investigativa del Nostro. Segretaria e fidanzata Velda, una bambola dai capelli corvini tagliati alla paggetto e dalle “curve non meno sinuose di una strada di campagna.” Suo amico Pat Chambers della Omicidi.
Gli inizi sono spesso micidiali. Kratch era morto “per una scarica di quarantamila volt in quell’edificio di pietra chiamato penitenziario di Stato di Rahway…”, più avanti “Ma allora cosa ci faceva in un soleggiato pomeriggio primaverile in attesa di un taxi proprio davanti al Terminal Est dell’aeroporto LaGuardia?” Un sosia o è proprio lui?…Il finale è quasi sempre lo stesso con Mike Hammer, il Vendicatore, a tirar cazzottoni e a far schizzare cervelli. Se non bastano i cazzotti e le pistolettate allora ecco una radio accesa che vola in una vasca da bagno. Dove c’è qualcuno che deve morire fulminato, naturalmente.
L’occhio clinico e la mente lucida di Hammer riescono spesso a sollevare dubbi: “Come fa un tizio che si è guadagnato una Silver Star assaltando una testa di ponte a finire cadavere in un parco pubblico come se fosse un sacco di spazzatura gettato via?.” Qualcosa non quadra…Ogni tanto una capatina da George al Blue Ribbon Restaurant sulla Quarantatreesima Strada (ma anche da Benny Joe Grissi), birra, sigaretta Lucky Strike e qualche informazione che può venirgli comodo. E, sempre ogni tanto, un incontro piacevole con il gentil sesso che Lui attrae e qualcosa di concreto, dopo “un bacio lungo, profondo, più caldo del fuoco, più umido della notte” ci scappa di sicuro.
Il marcio è dappertutto. Nei bassifondi e nelle alte sfere. Tra i mafiosi incalliti e senatori di merda. Occhio a non credere sempre a chi si presenta per una indagine che può essere proprio lui il tizio da cui guardarsi. E Mike Hammer ne ha di nemici che tentano in tutti i modi di farlo fuori. Ma lui riesce sempre a cavarsela. Da solo, o magari con l’aiuto di una gatta…
Talvolta il Male deriva da un’infanzia travagliata che porta alla pazzia, e allora può capitare di incontrare un tizio nudo che balla con la pelle di altri esseri umani. Niente pietà in ogni caso…Non manca nemmeno un testo importante come Il Principe di Machiavelli a creare una bella storia. E così via…
Scrittura veloce, dialoghi incisivi, brevi pennellate a costruire una determinata situazione o un personaggio. Il mondo è marcio, non c’è niente da fare. E allora non resta che farsi giustizia. Da soli. Alla Mike Hammer.
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