Il banchiere assassinato di Augusto De Angelis, Mondadori 2017.
Legge Freud, Lawrence, Platone, Le epistole di San Paolo. Perché mai, allora, fa il commissario di Pubblica Sicurezza, si domanda Carlo De Vincenzi nella Milano degli anni Trenta nebbiosa, cupa e infreddolita. Per l’enigma da sciogliere, il colpevole da individuare?…No, no per il mistero dell’animo umano. “Io sento la poesia di questo mestiere” dichiara e il personaggio è già lì bell’e fatto. Colto, sensibile e nello stesso tempo deciso e pronto, se necessario, a saltare qualche regola che intralcia “Io debbo ricorrere agli altri mezzi, se voglio arrivare sino alla verità, a tutti gli altri mezzi, qualunque essi siano. La mia coscienza me lo permette, anzi mi ci obbliga, anche se il regolamento o il codice me lo vietano.”
Al dunque. Siamo nell’ufficio del commissario. Di notte (addirittura). Ecco irrompere l’amico Giannetto Aurigi che ha un grosso debito con il banchiere Mario Garlini. Due chiacchiere e una telefonata improvvisa. Notizia: il suddetto Garlini è morto proprio nell’appartamento dell’Aurigi.
Causa della dipartita un foro di pallottola alla tempia, per terra una fialetta di profumo d’oro con odore di mandorle amare. Ovvero acido prussico. E che c’incastra? Prime impressioni e rimuginamenti che seguiranno per tutta la vicenda imperniata sugli sghei e sull’amore, sul classico triangolo, la fidanzata dell’Aurigi, l’inquilino del terzo piano, il cameriere che sparisce e riappare, la pendola che segna un’ora avanti (perché?) e addirittura qualcuno pronto ad autoaccusarsi del delitto! Personaggi che entrano ed escono da una porta come all’aprirsi di un sipario, qualche stilettata al detective privato Harrington, tipico rappresentante del modello poliziesco anglosassone.
Il primo giallo di De Angelis teso a creare un clima particolare in cui immergere il lettore: “C’era in quella camera, in quell’appartamento, un’atmosfera pesante, viscida, che pesava come qualcosa di mostruoso, d’inumano”, “De Vincenzi sentiva che la verità non era quella, che c’era qualche altra cosa di più oscuro e di più complesso.” Un personaggio soprattutto d’istinto e immaginazione forgiate dallo studio della psicologia, della psiche umana, combattuto fra solitudine, disagio e stanchezza.
La storia è finita (non una parola di troppo, non una parola fuori posto dentro uno stile che profuma di passato), e il nostro commissario ha gli occhi umidi. Nella sua stanza squallida con la scrivania “macchiata e bruciacchiata” e la poltrona consunta. Mica male.
Augusto De Angelis è stato il difensore della narrativa poliziesca, accusata dai fascisti addirittura di immoralità, e propugnatore, come prima di lui Alessandro Varallo, del giallo all’italiana. Morì per le conseguenze di una brutale aggressione fascista. E anche per questo lo ricordiamo.
Per I racconti del giallo La lambretta di Cardosa di Carlo Parri.
Vicequestore aggiunto Leonardo Cardosa. In ferie a casa sua con la vecchia Lambretta. Il cibo, il mare…Poi il campanello. La settantenne Annuccia Colimano. Vuole sapere la verità sull’uccisione del figlio. Che la aiuti. Era un suo vecchio amico. Chi sa qualcosa è la giornalista Tullia Mazzeri “una faccia da zitella su un corpo da pornostar.” Indagare insieme sarà un piacere, anche in quel senso. Colimano doveva molti soldi ad uno strozzino e ad un certo punto se n’era andato a Kimberley, la città dei diamanti. E’ là che si cela il segreto della sua morte. Occorre farci una visitina insieme a Tullia. Due piccioni con una fava.
Gradevole.
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