Il fratello unico di Alberto Garlini, Mondadori 2017.
Inizio promettente. Chi racconta la storia Margherita Pratts, ventisei anni, che non ha combinato molto nella vita (lo dice lei stessa), piercing e tatuaggio (mi ricorda Lisbeth Salander di Stieg Larrson), le piace il vino, gira con una Twingo vintage. In cerca di lavoro arriva a fagiolo un annuncio del famoso investigatore Saul Lovisoni (romanzo giallo di grandissimo successo) che vuole una segretaria. Via a trovarlo in un casolare sparso nella campagna parmigiana dove la nebbia creerà una certa atmosfera. Saul elegante, capelli scuri, labbra carnose. Pallore malinconico. Sui quaranta. Subito assunta per aver indovinato l’incipit di Emma della Austen (vedi un po’ la cultura). Ottimo salario. Si trasferisce lì.
A metà novembre arriva la prima cliente “Bionda, abbagliante, smalto rosso. Borsa Hermès”. La contessa Cosima Allandi di Porporano. Il fratello Bernardo (Bernie) è scomparso da giorni. Non è da lui e la polizia traccheggia. Si è innamorato di una certa Sabina Ruffini, divisa dal marito, che ha perso un figlio investito da una macchina. Prima di sparire ha avuto uno duro scontro con lei. Vorrebbe il suo aiuto per ritrovarlo. Okey. Parcella come quella dell’investigatore Marlowe (non mancano citazioni del genere, ormai tipiche in ogni giallo che si rispetti).
Molto del racconto è basato sulla figura di Saul e del suo rapporto con Margherita. Vediamolo un po’. Discreto, invisibile, ogni tanto sparisce come Sherloch Holmes, provato dalla morte della compagna Ester annegata in un fiume, il cui corpo non è mai stato ritrovato. Attraverso i rapporti della giovane segretaria forma una narrativa, si immerge nella vita dei personaggi, ricostruisce gli eventi, percepisce le emozioni e i pensieri delle persone su cui indaga. Avverte se la storia raccontata è giusta o no. Insomma un bel “sensitivo” angosciato (soprattutto alla fine) come altri personaggi similari che vanno per la maggiore. Vedi il colonnello Enrico Anglesio dei carabinieri Legione Liguria, in Donne col rossetto nero di Alessandro Defilippi, Einaudi 2017 (anche qui, tra l’altro, moglie finita in mare per incidente automobilistico con corpo non ritrovato).
La spalla parlante, Margherita, fa da contraltare, un po’ come il famoso Watson. Non lo capisce ma è attratta, lo incalza, si meraviglia, si arrabbia, si incazza pure. Si scioglie.
Il racconto, un giallo antropologico lo ha definito lo stesso Garlini, fila via come nel più classico dei classici con relativa riunione finale dei sospettati e smacco per l’assassino (Bernardo sarà ritrovato ucciso). Scrittura fresca, veloce, ironica, dialoghi serrati, brevi frasi a mantenere un ritmo incalzante, con momenti di sofferta pausa. Armi per la risoluzione del caso la parola “allalena”, il “Don Chisciotte” e Francis Macomber, personaggio di un racconto di Emingway. Come a dire che la letteratura serve anche a questo.
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