Il bosco maledetto di Ruth Rendell, Mondadori 2017.
“Una mano recisa, scarnificata. E’ il macabro ritrovamento di un cane da tartufi in un terreno boscoso abbandonato, a Flagford, piccolo paese nei dintorni di Kingsmarkham. Il resto del cadavere viene alla luce durante gli scavi della polizia: un mucchio d’ossa e un teschio avvolti in un lenzuolo di colore viola, sepolti da almeno una decina di anni.”
Resti di un uomo, sapremo in seguito, con una costola incrinata. Niente di più. Difficile, dunque, la ricerca della sua identità da parte dell’ispettore capo Wexford e della sua squadra: il vice Mike Burden, la patologa Carina Laxton, “una giovane che sembrava una modella quindicenne, esile, alta, pallida ed eterea.”; il sergente Hannah Goldsmith giovane e bella anch’essa dai capelli neri, pelle bianca e occhi marroni esperta di computer; il sergente Vine, appassionato di Bellini e Donizzetti; gli agenti Damon Coleman (uomo di colore), Karen Malahyde e Adam Thayer.
Se il primo caso non bastasse ecco che ne arriva subito, o quasi, un altro. La scoperta di un cadavere di otto anni prima in una villetta abbandonata. In tasca ha mille sterline e in cucina viene trovata una maglietta con stampato uno scorpione e il nome Sam. Che ci sia un rapporto fra i due casi?.
E allora continuano le ricerche, sia attraverso internet, sia attraverso i colloqui con gli abitanti del luogo, personaggi ambigui che scuriosano dalla finestra, vedono e non vedono, incastrati nei loro problemi quotidiani, tra cui lo scrittore Tredow, malato di tumore, che vive con due donne. Poi, ecco, esce anche un inserto letterario sul “The Sunday Times” del 2006 in cui una certa Selina parla del padre scomparso che stava molto, troppo tempo rinchiuso nel suo studio. Perché?…
Dubbi che assillano Wexford sposato con Dora, la cui figlia Sheila ha ottenuto il ruolo di protagonista in un film tratto da un capolavoro del citato Tredow, ed è impegnata in una campagna contro le infibulazioni. Wexford, con il suo “indispensabile bicchiere di vino rosso”, contrario ad internet “più una fonte di problemi che d’aiuto”, che non ama i picnic, non sopporta il fantasy, preferisce i personaggi reali come quelli che conosce, abile nell’indurre gli interlocutori alla confidenza.
Dunque in questo romanzo della Rendell delitto e indagine insieme a problematiche sociali, la piaga degli scomparsi, la difficoltà a convivere con culture diverse (c’è una comunità somala a Kingsmarkham), la citata infibulazione. Continuo scavo, continuo ritorno su determinati argomenti (sempre qualcosa che sfugge), ottima costruzione dei personaggi, un ricatto, un coltello che sparisce, la malattia, la morte. Una ricerca lunga, difficile, data anche la distanza temporale degli eventi da capire nella loro dinamica, che premia la tenacia del nostro Wexford.
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