Cos’è il “Tartan Noir”? La definizione di Tartan Noir potrebbe risultare un po’ oscura ai profani. Si tratta di un genere giallo di ambientazione scozzese. Il termine tartan infatti si riferisce a un particolare tipo di tessuto, usato nella produzione dei classici kilt scozzesi. Questo genere affonda le sue radici nella tradizione letteraria scozzese, in particolare nelle opere di James Hogg e Robert Louis Stevenson, presi come modelli soprattutto per via dei loro romanzi Confessioni di un peccatore impeccabile e Lo strano caso del dottor Jekyll e del signor Hyde, incentrati su riflessioni riguardanti il dualismo dell’animo umano, la natura di bene e male e la questione della redenzione finale.
Il Tartan Noir unisce a questi elementi classici le influenze di autori contemporanei, in particolare scrittori americani degli anni Trenta e Quaranta, come Dashiell Hammett, Raymond Chandler e James Ellroy, caratterizzati da un crudo realismo e da riflessioni sui metodi con cui la polizia è costretta ad agire all’interno di una società irrimediabilmente corrotta.
Anche gli autori europei hanno comunque giocato un certo ruolo per lo sviluppo del giallo scozzese: un esempio fondamentale è stato Georges Simenon, padre del famoso ispettore Maigret, il quale dà la caccia ai criminali ma si rifiuta di giudicarli, considerando il crimine come una condizione tipicamente umana che andrebbe accuratamente analizzata e compresa.
I protagonisti del Tartan Noir sono anti-eroi cinici e stanchi del mondo che li circonda, con i quali spesso il lettore fatica a riconoscersi o anche solo a simpatizzare. Le crisi personali di tali anti-eroi rappresentano una parte molto importante all’interno di questo genere di romanzi, a volte costituiscono la vera forza che spinge all’azione i disillusi protagonisti nel corso delle loro difficili indagini.
Come cerchi nell’acqua (titolo originale: Laidlaw). Il primo libro della trilogia, che nella versione italiana è stato intitolato Come cerchi nell’acqua, introduce il protagonista della serie, l’ispettore Laidlaw, prototipo dell’anti-eroe del Tartan Noir.
Laidlaw pare aver ereditato dal Maigret di Simenon la tendenza alla riflessione sull’animo umano e a vedere gli atroci atti criminosi che lo circondano come “un messaggio molto umano” che solo lui è in grado di comprendere.
Abituato a vivere ogni indagine come se fosse un fatto personale, Laidlaw è un personaggio imprevedibile e non molto apprezzato all’interno della polizia di Glasgow: da un lato è disposto a sporcarsi le mani e cercare il dialogo con i criminali più efferati, dall’altro non esita a ricorrere alle maniere forti per apparire più persuasivo agli occhi dei suoi pericolosi interlocutori. La sua condotta segue un’etica del tutto personale, che rende molto arduo rintracciare il confine fra innocenza e colpevolezza.
Il suo cognome non è scelto a caso: è composto dalle parole laid, participio passato del verbo to lay (stendere, adagiare), e law (legge). Laidlaw infatti sembra essere continuamente impegnato a “spianare”, adattare la legge al suo modo di lavorare e di rapportarsi con gli altri, vittime o criminali che siano.
Come cerchi nell’acqua ci apre una finestra su una turbolenta Glasgow degli anni Settanta. Il corpo di una diciottenne è ritrovato fra il verde di Kelvingrove Park. Il panico si diffonde fra l’opinione pubblica e la polizia è messa sotto pressione. Per quanto discusso e imprevedibile, Laidlaw è coinvolto nelle indagini, poiché le “normali” procedure potrebbero non bastare per risolvere la situazione.
Non fidandosi di lui, i suoi superiori gli affiancano l’agente Harkness, incaricato di tenere sotto controllo l’irrequieto ispettore e di riferirne ogni mossa.
Il caso Tony Veitch. Il secondo episodio della serie incentrata sulle avventure di Laidlaw vede l’ispettore di Glasgow impegnato in un’indagine sulla morte di uno sfortunato senzatetto. Un’indagine ritenuta assurda e inutile da tutti i suoi colleghi, compreso il suo giovane partner Harkness.
Ricoverato presso il pronto soccorso del Victoria Infirmary, un moribondo senzatetto avrebbe ripetutamente chiesto di parlare con Laidlaw. Questi però giunge troppo tardi e il barbone riesce a riferirgli soltanto una breve ed enigmatica frase: il vino non era vino.
Il dottore conferma che il poveretto è stato avvelenato, ma ad attirare l’attenzione dell’ispettore è soprattutto il ritrovamento di un foglietto tra gli effetti personali del barbone. Un oggetto che sarebbe passato inosservato a tutti gli altri, ma non a Laidlaw. Gli strani appunti scritti sul foglietto lo condurranno verso Tony Veitch, uno studente universitario scomparso da giorni.
Strane lealtà. Si tratta del terzo e ultimo episodio della serie dedicata a Laidlaw.
Sebbene abituato ad affrontare le bruttezze della vita e della natura umana in generale, perfino il disilluso e determinatissimo Laidlaw si scopre impreparato nel momento in cui il fato sembra accanirsi contro di lui colpendolo da tutte le parti.
Il suo matrimonio sembra aver raggiunto un punto di non ritorno, una fine piena di dolori e rimorsi. Sul lavoro, come sempre, i problemi con superiori e colleghi abbondano…
Quando sente il disperato bisogno di consigli, Laidlaw è solito rivolgersi al fratello Scott… ma adesso nemmeno Scott potrà più aiutarlo, essendo morto in un tragico incidente stradale. Laidlaw è completamente solo e prossimo a un crollo definitivo.
A salvarlo dal vortice di disperazione nel quale sembra destinato ad affondare sarà proprio la morte di Scott. Cominciando a indagare su quanto avvenuto, Laidlaw si ritrova ad esplorare la vita segreta del fratello, riportando alla luce antichi episodi di violenza e indizi sepolti da troppo tempo, che lo guidano sulle tracce di un misterioso “uomo dal cappotto verde”.
Per Laidlaw l’indagine si trasforma in un viaggio nel passato e dentro il proprio animo, un viaggio che lo porterà a scoprire sconvolgenti e non sempre piacevoli verità.
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