Sherlock Holmes in Italia di Stefano Attiani, Cristian Fabbi, Luca Martinelli, Samuele Nava, Gianfranco Sherwood, Enrico Solito, Patrizia Trinchero, Fabio Vaghi ed Elena Vesnaver, (a cura di Luigi Pachì), Mondadori 2016.
Sulle avventure di Sherlock Holmes non ci batte nessuno.
C’è tutto in questi racconti. Intanto le note caratteristiche di Holmes, le sue superbe capacità deduttive, le sue manie, lo strimpellare del violino, il fumo avvolgente della pipa, le punture della siringa, l’antipatia per le donne, i travestimenti e i colpi di scena. Insieme a quelle di Watson che, quando inizia un racconto, state pur certi che è il più terribile o il più strabiliante che gli sia mai capitato.
Diversi e diversificati gli elementi che fanno scattare in piedi il Detective. Butto giù all’impronta: il disegno e un tatuaggio di un unicorno nero, un’insegna con lo stesso nome, una signora che nasconde qualcosa; l’arrivo trafilato di un certo lord Pendracke ad annunciare la morte della governante stesa sul prato della sua dimora. Caduta accidentale dal balcone o assassinio?. A risolvere tutto il daltonismo; le gare olimpiche a Londra con la storia famosa del nostro Dorando Pietri che stramazza a pochi metri dal traguardo, viene aiutato a rialzarsi e poi squalificato. Ma perché tutta quella stanchezza?. Per Holmes la cosa non è chiara, qualcuno…
Oppure, oppure… ecco l’ispettore Lestrade che arriva, altrettanto trafilato, con un caso di omicidio che sembra già risolto. Così facile, così semplice. Si fa per dire, perché tre indizi accusano addirittura Holmes: la sua pistola, la sua pipa ed un suo biglietto rinvenuti nel luogo del delitto!. Non manca la possibilità al Nostro di vedersela con un licantropo, un lupo mannaro. Sì, avete capito bene. Più precisamente in Scozia, chiamato dall’ispettore di polizia Daniel Ferson su consiglio dell’ispettore Lestrade. Già due morti e due feriti con la bestia ancora in giro. Da non dimenticare, per la soluzione del mistero, la Rauwolfia e la Claviceps purpurea (scoprirete cosa sono) e, per una spruzzata di sorriso, due zitelle in treno peggio del licantropo. Aggiungiamo un paio di professori che invitano Holmes ad un confronto calligrafico su una prefazione di una scoperta astronomica importantissima (per loro falsa) di un collega travolto da una carrozza. Come contorno il movimento femminile e pure l’omosessualità con citazione di Oscar Wilde.
Infiliamoci anche un morto ammazzato, più precisamente il principe Barashi, subito dopo l’uscita del duo famoso dal teatro nel quartiere di Park Lane. Un colpo di rivoltella e l’uomo a pancia in giù con la pistola appoggiata sulla tempia sinistra. E, per finire, la storia di una nave volante con qualcosa da cui deve sorgere una speciale “regina” (giuro), e la corsa London-Brighton a cui partecipare per risolvere un nuovo caso intricato di un ammanco di diamanti.
Storie ambientate in tempi diversi, intrecci ben calibrati, sospetti, dubbi, paure, colpi di scena, sorriso sparso a tratti con Watson che ogni tanto tira fuori anche lui qualche bella deduzione (l’allievo che supera il maestro, stuzzica Holmes). E, insomma, la creazione di una atmosfera di inquietudine e mistero, talvolta di irrazionale che serpeggia lungo tutti i racconti. Curati sapientemente da Luigi Pachì che di queste cose se ne intende.
Sulle avventure di Sherlock Holmes non ci batte nessuno.
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