Sherlock Holmes La vedova del Dartmoor di Warwick Downing, Mondadori 2016.
“Una parola con il Vostro permesso. Mi chiamo Edward Greech, sono un procuratore legale…” Ecco chi racconta la storia, un po’ come il dottor Watson. Ma qui non si tratta di Sherlock Holmes, bensì di suo nipote Jeremy, avvocato eccezionale, capace di trafiggere la corazza dei testimoni con domande appuntite come lance. E di avercela proprio “con quella società così bene ordinata” in cui il diritto di consuetudine era “un’insigne cloaca” (naturalmente siamo in Inghilterra). E’ un Bastardo, ossia il “prodotto illecito di una madre lasciva” (lascio ai lettori la scoperta della sua vicenda personale) che si trova a difendere lady Beril Russell dall’accusa di assassinio di Christian Vandeleur, già moglie di Jack Stapleton conosciuto ne “Il mastino dei Baskerville” e soprannominata “la Vedova del Dartmoor”, colta mentre trascina il cadavere del suddetto nel vicolo dietro il suo negozio. Si sospetta, addirittura, che i due fossero amanti, anche se lei nega e dichiara di avere visto fuggire dalla porta posteriore del negozio una figura avvolta in un mantello scuro.
Jeremy, interessante personaggio dalla folta capigliatura dorata, le spalle larghe che si muovono con grazia virile, sempre intento a disegnare personaggi con i quali entra in una specie di misterioso connubio. E così, dopo averla vista e disegnata “Lei non ha pugnalato nessuno” sentenzia. Ma bisogna convincere i giurati del tribunale. E sarà lotta dura con la pubblica accusa che non lascia niente di intentato.
Jeremy che frequenta il Bastriche Club, vive in una casa piccola, la “Cella del Monaco”, così come modesto è il suo studio, praticamente uno sgabuzzino, beve poco, cammina molto, disegna per tante ore ed è pronto a sfidare il marito dell’accusata a cavallo con arco e frecce (giuro). A volte in contrasto con lo stesso Edward che stenta a credere nelle sue doti miracolose “Queste sue visioni non valgono più delle intuizioni delle donne.”
Piccoli squarci sui quartieri di Londra ora sporchi, pieni di rifiuti, ora addirittura profumati, un excursus sul sistema giudiziario inglese, l’invaghimento del narratore, oltre che per la sua fiaschetta di whisky, anche per una testimone, la bravura di Jeremy, colpi di scena, il finale inaspettato. Lettura piacevole e apprezzabile.
Un momento…E Sherlock Holmes? Possibile che se ne stia lontano da questo caso? O ci metterà almeno lo zampino, magari con qualcuno dei suoi famosi travestimenti? Mah…
Per “Sotto la lente di Sherlock” ecco “Il seguito della maledizione di Baskerville” di Luigi Pachì che tratta, con la consueta sapienza, le influenze di stampo gotico sul romanzo e sulle altre creazioni di Arthur Conan Doyle, facendo riferimento a tutti quegli scrittori che abbiamo letto e amato lungo il percorso della nostra vita.
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