Continua il mio piccolo viaggio tra i libri del mitico G.M. Parto dal grande G.K. Chesterton. E non tanto dal creatore di Padre Brown (mi ricordo una bella interpretazione di Renato Rascel alla televisione) quanto da sedici racconti, otto con il poeta pittore Gabriel Gale, e otto con il signor Pound. Insomma da La logica del delitto. Il primo è il detective della immaginazione. “Le mie non sono mai spiegazioni pratiche, perché io vedo prima la mente dell’uomo, e all’inizio non vedo neppure l’uomo a cui è collegata”. Un po’ strano, un po’ pazzo, insomma, capace di risolvere i misteri più assurdi perché ha “nella testa quel raggio di luna che porta le persone sulla strada della follia” ed è per questo che può seguirle. Il secondo è il signor Pond, funzionario statale, simile al laghetto di un giardino, “in superficie lindo e lucente”, ma sotto assai misterioso. Ha l’aspetto di un pesce con la barbetta, la fronte di Socrate, “miti occhi sporgenti”, talora sgranati, fissa come un gufo. Molti lo considerano una vera noia, racconta e racconta ma non va mai al sodo.
Cultura, filosofia, storia, un volo della mente, una ironia ed un sorridere leggero, quasi levigato, l’esaltazione del paradosso e la convinzione che si possa arrivare alla verità senza tanti mezzi tecnici e scientifici, senza tanta foga di indagare. Basta saper ascoltare, osservare e…immaginare.
Un autore da non perdere Earl Derr Biggers. Quello che ha dato la vita a Charlie Chan della polizia di Honolulu. Creato nel 1925 con La stanza senza chiavi è piccolo, abbondantemente grasso, si muove con una leggerezza vellutata, guance morbide, pelle color avorio, occhi obliqui (naturalmente). Un impasto cino-americano intriso di lieve umorismo che conquistò gli americani stessi. Dalle sue avventure furono tratti più di quaranta film, alcuni dei quali con un interprete davvero eccezionale: lo svedese Warner Oland che rappresentava in maniera perfetta il personaggio (per essere nordico aveva un aspetto orientale). Nella letteratura del tempo l’uomo con gli occhi a mandorla è visto infido, perverso e maligno. Con il nostro cinese, modi garbati e amabile fino all’eccesso, Earl volle fornire “un ritratto più corretto di quella razza”.
Il personaggio colpisce, tra le altre cose, per la sua saggezza orientale fatta di proverbi e aforismi vari. In Charlie Chan e la donna inesistente, deve risolvere addirittura tre casi, di cui due al passato (già è difficile risolverne uno al presente). Si trova a San Francisco e sta per avere un figlio. Il primo? No l’undicesimo e credetemi sulla parola. Un puzzle complicato con eventi temporali che si intersecano fra loro e un rapporto sentimentale che nasce tra dubbi, depistaggi e deduzioni. Scrittura gradevole, ironica, intessuta di aforismi vari che già conosciamo. Alla fine lo troviamo sul parapetto della nave con il “suo viso grassoccio” che “splendeva di gioia”.
Buon viaggio Chan, e arrivederci a presto!
Se il nostro G.M. ripropone storie dell’Agatha internazionale, come C’è un cadavere in biblioteca, il sottoscritto trilla come un passero all’arrivo della primavera. Fu uno dei primi libri che lessi con fervore negli anni giovanili. Il sogno meraviglioso della signora Bantry, vincitrice con i suoi piselli odorosi del primo premio dell’esposizione dei fiori, viene spezzato dalla voce “isterica e strozzata” di Mary “Oh, signora, signora, c’è un cadavere in biblioteca!”. E un cadavere c’è davvero, anche se suo marito, il colonnello Bantry sonnacchioso, non ci crede. E’ quello di una fanciulla bionda strozzata da una fascia di satin della sua stessa veste. Ragazza poco raccomandabile se fa la ballerina (vedi i tempi). In un batter d’occhio la “cosa” gira per St Mary Mead, il villaggio della nostra Miss Marple (anche perché ci pensano la signorina Wetherby e la signorina Hartnell a dargli una mano). E la matassa sarà sbrogliata dalla nostra inossidabile vecchietta che si avvale degli esempi tratti dalle storie del suo paese e da una incredibile conoscenza del cuore degli uomini, perché “la natura umana è sempre la stessa”. Libro sempre fresco, inossidabile, nonostante il passare degli anni.
Avevo da poco lasciato un cadavere trovato e poi sparito in Uscendo di casa una mattina di George Bellairs, Polillo 2013, che ecco ribecco la stessa idea in Il testimone muto di R. Austin Freeman, Mondadori 2013. Là era Mrs Jump la “trovatrice”, qui il dottor Jardine durante una passeggiata notturna nella zona di Hampstead. Il morto sembra un sacerdote anche perché sul posto rimane un reliquiario dorato con alcune iniziali incise. Volatilizzato al ritorno sul luogo con la polizia. Caso interessante per l’amico dottor Thorndyke, tanto più che Jardine ha subito un attentato rischiando di morire soffocato con il gas, e c’è un uomo cremato troppo alla svelta che desta qualche sospetto. Iniziano le operazioni di ricerca, partendo dal luogo della scomparsa. Azione, riflessione, osservazione, piccoli indizi sparsi, un uomo sospetto sempre alle calcagna, una signora che si incontra dappertutto, una bella ragazza amante della pittura, passi nel buio, travestimento, pericolo ancora per Jardine. Scrittura precisa, minuziosa, “millimetrica” direi, senza la noia mortale che segue operazioni di tal fatta. Pronta a cogliere un dubbio, una sensazione, un particolare che non sfugge ad un occhio attento come quello del narrante e del nostro Thorndyke che si avvale di ogni mezzo scientifico (vedi l’analisi delle ceneri di un morto) per scoprire l’inquietante mistero. Non manca il brividino del cuore che la scienza va bene ma pure il sentimento.
E ancora cadavere sparito in Un posto rosso per morire di John D. MacDonald (vedi un po’ come variano, giustamente, gli autori).
“Travis McGee non accetta mai casi troppo facili d’affari. Mezzo investigatore e mezzo avventuriero, vive a bordo di una barca e non ama lavorare. Perciò, quando è costretto a farlo per mancanza di soldi, che almeno ne valga la pena. Questa volta il cliente è Mona Yeoman, moglie di un ricco uomo d’affari. La donna ha una relazione con un professore squattrinato, e vuole che Travis la aiuti a recuperare la sua dote dalle grinfie del marito per andarsene a fare la bella vita con l’amante”. Sogno spezzato da una pallottola che la stende ai piedi di Travis. Cadavere poi sparito (come nei libri già citati) ma la polizia non gli crede e pensa che i due piccioncini siano volati via.
John D. MacDonald delinea contorni, coglie le sfumature, scende dentro ai personaggi, critica la società, in special modo la scuola con gli studenti come polli da allevamento e la cricca che comanda su tutti e su tutto (c’è però anche il positivo in un avvocato integerrimo). Si perde un po’ nel finale secondo gusto lottiano (ma spero, invece, che piaccia ai lettori).
Con Bill Pronzini e I cospiratori non ci si annoia di sicuro. Si passa veloci da una storia all’altra, ci si intrufola nel passato, si scava nei rapporti del presente, nei ricordi insieme allo svolgersi della vita reale con squarci di natura e di realtà urbana che si inseriscono nelle storie popolate di personaggi vivi, concreti. Un bel miscuglio di cellule grigie e di azione, di sentimenti contrastanti, di umanità, espressi con una sicurezza professionale impeccabile.
Una data per morire di Mignon G. Eberhart è una bella raccolta di racconti.
Personaggio di alcuni Susan Dare, scrittrice di romanzi gialli dalla “testa leonina”, coadiuvata dall’amico giornalista Jim. Al tavolo di un ristorante. Scena sotto ai suoi occhi, la vecchia signora Farish alle prese con un nipote e la frase “Non la farò lunga. Ma ho deciso. Basta, soldi, mio caro”. Sicuro che rimarrà stecchita prima del tempo. Tra l’altro mentre si sta facendo le manicure.
Altre vicende hanno come protagonista James Wickwire, vicepresidente di una banca, “scapolo più o meno incallito e piuttosto anziano”, suo amico Happy un “cane enorme bracco dal pelo rossiccio”. “Una data per morire” è la storia che dà il titolo alla raccolta e insomma viene fuori un biglietto dove si stabilisce che il sig. Brown deve schiantare il 9 ottobre e oggi è l’8. Si potrà evitare questa morte prematura?
Una prosa che scivola via sapiente e sicura. Pochi tocchi e il personaggio è materializzato, tensione, paura, esplorazione, il buio, la pioggia battente e insomma qualche spunto di gotico, il dubbio, il sospetto, ma anche l’impossibile, l’abilità delle deduzioni tratte da piccoli particolari che riaffiorano improvvisamente alla memoria (la Eberhart maestra in questo campo), un po’ di movimento che non guasta.
Una regina del mystery, una specialista del racconto.
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