Sherlock Holmes e la donna fatale di Amy Thomas, Mondadori 2015.
“Sistemò il colletto e studiò il proprio riflesso nello specchio sporco appeso alla parete, trovandosi convincente come uomo d’affari americano, solido esponente del ceto medio”.
E’ il nostro Sherlock Holmes, ufficialmente morto nelle acque di una famosa cascata, che si appresta ad andare negli Stati Uniti, su richiesta del fratello Mycroft, per proteggere una cantante lirica. Nientepopodimenoche Irene Adler (la “Donna”) già conosciuta nello “scandalo di Boemia” che lo aveva messo nel sacco (leggere alla fine del libro il bell’articolo Sotto la lente di Sherlock di Luigi Pachì). Anzi, la missione prevede la collaborazione fra i due che si presentano, addirittura, come marito e moglie, i ricchi coniugi James, per infiltrarsi nella buona società di Fort Myers, più precisamente da Mina Edison “giovane e adorabile moglie dell’inventore Thomas Edison”.
L’obiettivo è quello di scoprire chi vuole recare danno a Irene e al suo patrimonio dopo la morte dell’odioso marito. Da tenere d’occhio lo stesso avvocato della vedova e un certo Alberto Sanchez, proprietario di vasti possedimenti di agrumi. Qui è d’uopo un altro travestimento ed i coniugi James diventano all’improvviso i meno abbienti signori Perkins.
Il romanzo, scritto con gradevole leggerezza e alternato dai punti di vista dei due, è costruito sia sui fatti specifici della vicenda movimentata e ricca di colpi di scena, che sull’evoluzione del loro complesso rapporto. Sherlock ricorda spesso il rassicurante Watson e “i suoi familiari e concreti processi mentali”, mentre Irene era “un grecale, un ciclone americano che soffiava dove gli pareva e ribaltava tutto quanto gli si frapponesse lungo il cammino”. Collaborazione, tuttavia, che si fa sempre più stringente per giungere ad un finale bucolico nella pace campagnola del Sussex con Irene pronta “a diventare la signora Holmes”. Che ci scappi qualcosa?…
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