L’inizio della magia. Figlio del rabbino Mayer Samuel Weisz, Erik Weisz nacque a Budapest nel 1874, ma solo quattro anni dopo si trasferì con la famiglia negli Stati Uniti, prima nella comunità ebraica di Appleton e poi a New York. Già da bambino si esibiva per gli amici come trapezista, assumendo il soprannome di “Ehrich, principe dell’aria”. Nel 1891 decise di intraprendere la carriera di prestigiatore, scegliendo il nome d’arte di Harry Houdini come omaggio a due maestri dell’illusionismo, Harry Kellar e Jean Eugène Robert-Houdin.
Si esibì inizialmente insieme al fratello Theo, il quale tuttavia fu ben presto sostituito dalla giovane cantante Beatrice Rahner, meglio conosciuta come Bess e futura moglie di Houdini.
Fra i numerosi trucchi del giovane prestigiatore uno in particolare ottenne grande successo: l’evasione da un paio di manette fornite dal pubblico. Houdini decise dunque di sviluppare quelle abilità che gli avrebbero in seguito permesso di liberarsi da catenacci e di evadere da vere e proprie celle carcerarie. È a questo punto che la stampa si accorse di lui e il suo impresario Martin Beck gli propose di intraprendere un tour per l’Europa che lo avrebbe reso famoso in tutto il mondo.
Nel 1899 Houdini si trovava a Londra, prima tappa del suo tour. Il giovane illusionista si esibì in uno spettacolo che secondo alcuni ebbe addirittura del miracoloso, evadendo da una cella di Scotland Yard. Seguirono repliche in Scozia, Olanda, Francia e perfino in Russia, dove Houdini eseguì una spettacolare fuga da una camionetta blindata usata per trasportare i prigionieri destinati alla detenzione in Siberia. Quest’ultima evasione rimane ancora oggi un mistero irrisolto.
Terminato il tour per l’Europa, Houdini continuò a sorprendere il mondo intero grazie alle sue imprese straordinarie: nel 1904 si inventò una nuova “magia”, liberandosi da una camicia di forza dopo essere stato appeso a testa in giù sulla cima di un palazzo. Dopo quest’esibizione “aerea”, affrontò un altro elemento: l’acqua. Si faceva infatti legare e chiudere in una cassa di legno, poi inchiodata e gettata in mare: il pubblico osservava la scena trattenendo il fiato per l’emozione e forse anche per la paura, ma dopo pochi minuti Houdini tornava sempre in superficie, sano e salvo.
Quando poi altri prestigiatori iniziarono a imitarlo, liberandosi a loro volta da vari tipi di manette, Houdini escogitò l’evasione dal bidone per il latte e si inventò in seguito il numero della Pagoda: si faceva calare a testa in giù in un grande contenitore di vetro riempito d’acqua, con i piedi imprigionati in un coperchio che chiudeva l’intera struttura attraverso vari lucchetti. Una tenda copriva il contenitore, dal quale Houdini riusciva sempre a liberarsi, lasciandolo chiuso e integro come quando vi era stato rinchiuso.
L’amicizia con Arthur Conan Doyle. Houdini divenne così una star internazionale, arrivando a occuparsi anche di cinema: nel 1920 debuttò con una serie di quindici mediometraggi, in seguito interpretò, diresse e produsse altri film di successo, per poi lasciare la carriera cinematografica appena cinque anni dopo.
Nel frattempo aveva avuto inizio la sua amicizia con il famoso scrittore: nel 1920 infatti Houdini inviò a Doyle uno dei suoi libri, The Unmasking of Robert-Houdin, nel quale era raccontata la vicenda dei fratelli Davenport, due famosi medium americani. Molti studiosi si domandavano se i due fratelli fossero veramente dotati di poteri paranormali o se si trattasse soltanto di una coppia di abili prestigiatori.
Nel 1910 Houdini ebbe la possibilità di parlare personalmente con Ira Davenport, il solo fratello all’epoca ancora vivo, e apprese da lui stesso il trucco usato dai due prestigiatori nel corso del loro numero più spettacolare, il “Gabinetto Spiritico”.
Nel ringraziare Houdini per il libro, Doyle dimostrò di non dare molto peso alle confessioni di Ira Davenport riguardo ai trucchi che lui e il fratello avrebbero usato durante le loro esibizioni e di ritenerli comunque dotati di poteri soprannaturali. Per quanto riguardava lo spiritismo, infatti, lo scrittore era un convinto “credente” (il contrario del suo rigoroso e razionale Sherlock Holmes!). E neppure il più grande dei maghi, Houdini in persona, sarebbe riuscito a persuaderlo dell’inconsistenza delle pratiche spiritiche.
Ansioso di coltivare l’amicizia con il famoso autore, Houdini mantenne inizialmente un atteggiamento un po’ ambiguo per quanto riguardava la sue idee sullo spiritismo, in modo da non opporsi alle teorie di Doyle, senza però condividerle.
Tuttavia, lasciato il mondo del cinema, il grande prestigiatore iniziò a dedicarsi a quella che sarebbe poi divenuta la principale attività nel corso dei suoi ultimi anni di vita: smascherare falsi spiritisti.
Nel far ciò, chiese più volte l’aiuto di Doyle affinché lo scrittore riuscisse a trovargli un vero medium. Doyle quindi organizzò un certo numero di sedute, ma ogni volta Houdini riusciva a scoprire i trucchi dei falsi spiritisti.
Le sedute più famose alle quali il prestigiatore prese parte in questo periodo furono quelle presso la medium francese Eva C., che si diceva capace di produrre “ectoplasmi”. Houdini non rivelò immediatamente a Doyle le sue opinioni riguardo alla falsa medium, forse per timore di offendere l’amico, ma qualche anno più tardi, all’interno del suo libro A Magician Among the Spirits, offrì chiare spiegazioni dei trucchi che l’abile prestigiatrice usava nel corso delle sue sedute.
Doyle comunque non desisteva: arrivò a mostrare a Houdini fotografie (poi riconosciute false) che avrebbero addirittura ritratto fate e folletti. Iniziò pure a pensare che Houdini stesso avesse in realtà poteri soprannaturali e potesse smaterializzare il proprio corpo, nonostante il “mago” continuasse a negarlo.
Da amici a nemici. Nel 1922 gli Houdini andarono a trovare Doyle e la sua famiglia, che in quel periodo si trovavano ad Atlantic City. In questa occasione la signora Doyle offrì a Houdini una seduta spiritica privata: lo avrebbe messo in comunicazione con la defunta madre attraverso la scrittura automatica!
Alla fine della seduta Doyle era convinto che l’esperienza appena vissuta avesse di sicuro colpito il suo amico, Houdini la pensava in modo molto diverso. Innanzitutto molti dettagli del messaggio che la signora Doyle avrebbe scritto sotto l’influenza della madre di Houdini apparivano a quest’ultimo come difficilmente spiegabili, se a “dettare” il messaggio in questione fosse stata veramente sua madre, a cominciare dal fatto che la defunta non aveva mai saputo parlare in inglese: i fogli scritti dalla signora Doyle erano invece in un inglese perfetto. Il messaggio per di più si apriva con il segno di una croce, simbolo che la moglie di un rabbino non avrebbe sicuramente usato.
Il declino dell’amicizia con Doyle ebbe inizio qualche mese dopo, quando Houdini pubblicò un articolo nel quale affermava di non aver mai assistito a nulla in grado di convincerlo della possibilità di comunicare con i morti. Da qui partì un aspro diverbio privato, che si trasformò presto in un pubblico scontro.
Nel 1923 Houdini divenne membro del comitato dello Scientific American, che offriva un premio in denaro a chiunque avesse dimostrato di possedere poteri soprannaturali. Grazie all’opera di Houdini questo premio non fu mai assegnato.
Doyle rimase esterrefatto nel venire a sapere tutto ciò, mentre Houdini iniziò addirittura a recarsi a sedute spiritiche in incognito, accompagnato da un reporter e da un ufficiale di polizia.
Iniziò una vera e propria guerra fra i due ex amici: entrambi si accusavano e sfidavano a vicenda nel corso delle varie interviste.
Nel 1924 Houdini smascherò l’ennesima medium, Margery (alias Mina Crandon), la quale, secondo molti, avrebbe dovuto vincere il premio offerto dallo Scientific American. Doyle, che credeva fermamente nei poteri di Margery, scrisse un articolo con lo scopo di screditare definitivamente Houdini. Questi reagì minacciando un’azione legale per calunnia contro lo scrittore.
Nonostante quanto era avvenuto fra i due amici, possiamo forse dire che il rancore lasciò infine il posto al perdono, ma ciò avvenne solo in seguito alla morte di Houdini, il 31 ottobre 1926.
In un camerino di Montreal uno studente appassionato di box sfidò il grande mago a una gara di forza, cosa che Houdini permetteva spesso. Questa volta, tuttavia, venne colpito al ventre forse senza aver avuto il tempo di preparare i muscoli addominali e l’urto causò la perforazione dell’appendice, che già era infiammata. Qualche giorno dopo, al termine di uno spettacolo, Houdini stramazzò al suolo: venne subito operato, ma inutilmente.
In seguito al tragico evento, Doyle annunciò di essere sempre stato amico di Houdini ed essere stato d’accordo con lui su tutto, tranne che sulla questione dello spiritismo. Scrisse alla vedova di Houdini per consolarla della perdita e, nel 1927, apparve il suo saggio The Riddle of Houdini, più tardi incluso nel libro The Edge of the Unknown.
L’incipit del saggio è ancora oggi molto famoso: “Chi è stato il più grande acchiappa-medium di tutti i tempi? Indubitabilmente Houdini. Chi è stato il più grande medium dei tempi moderni? Alcuni potrebbero essere inclini a dare la medesima risposta.”
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