Qualcuno mi deve del grano di Donald E. Westlake, Mondadori 2014.
Chester Conway, di professione tassista (padre fissato con le assicurazioni). A tempo libero preso dalle scommesse. Una dritta di un cliente su un cavallo vincente ed ecco arrivare un cospicuo gruzzolo per ripianare i suoi debiti al tavolo da poker. Con i restanti si può ben guardare al futuro. Solo che l’allibratore si ritrova morto ammazzato.
E allora addio sghei e occhio anche alla vita preso in mezzo da due bande di mafiosi piuttosto minacciose che lo credono implicato nella faccenda. Cosa farebbe Robert Mitchum in questi casi? si chiede il nostro tassista. Occorre trovare il vero assassino con l’aiuto della sorella dell’allibratore decisa a vendicarlo, e magari anche con l’apporto dell’agente investigativo Golderman sempre in giro a scuriosare.
Tra una partita di poker e l’altra con i suoi amici giocatori (forse qualcuno di loro è il colpevole), inseguimenti, fughe (anche sul tetto di un treno), scontri, botte, pistolettate, gente che esce fuori dall’armadio e nessuno che li aiuta mentre scappano, tutti “pigri, indolenti e stanchi” gli americani abbarbicati alla televisione, accidenti a loro (aggiungo io, ma è sottinteso).
Solito stile ironico e frizzante del nostro Donald, attraverso dialoghi esilaranti, a prendere in giro il mondo della malavita che ci strappa più di un sorriso (bestiale quando i capi delle gang arrivano a turno nella casa dove si trova Chester come nelle avventure di Nero Wolfe). Alla fine delle peripezie burlesche arriva pure l’insospettato assassino e il gioco è fatto.
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