Tre donne del mistero di Dorothy L. Sayers, Ngaio Marsh e Mary Roberts Rinheart, Mondadori 2014.
Gli occhi verdi del gatto di Dorothy L. Sayers
Riddlestale Lodge. Lord Gerald è accusato di avere ucciso Cathcart, il fidanzato della sorella Mary, ma non ne vuole sapere di difendersi (perché?). In suo aiuto arriva, dopo una pausa in Corsica e a Parigi, il fratello Peter Wimsey coadiuvato dall’ispettore detective Parker. Una accurata ispezione sul luogo del probabile delitto fa rinvenire un piccolo gatto con gli occhi di giada, una valigia nascosta nell’erba e una impronta di piede 44. La situazione si fa interessante per il suddetto Peter, trentatré anni, uomo colto, poliglotta, amante della musica, collezionista di edizioni rare, “garbato e gradevole” ma pure capace, tra una tirata di sigaretta e una di sigaro stravaccato in poltrona, di muoversi veloce, di farsi valere anche di fronte agli energumeni, di sprofondare in una piccola palude e beccarsi una pallottola in una spalla. Un plot ben confezionato di sentimenti d’amore, di tribunali, avvocati, pubblici ministeri, difesa, lettere che spariscono e vengono ritrovate, colpi di scena amalgamati attraverso una prosa brillante venata di umorismo.
Delitto d’annata di Ngaio Marsh
Giugno 1936. Compagnia teatrale su un treno per la Nuova Zelanda (l’autrice è esperta di delitti in palcoscenico). Qui si trova anche il nostro Roderick Alleyn, ispettore di Scotland Yard, comunque riconosciuto per la sua fama e per la sua bellezza (“l’ispettore bello”), che vorrebbe godersi una vacanza dopo una operazione chirurgica. Pio desiderio. Subito un incidente con qualcuno che cerca di buttare fuori dal treno Alfred Meyer, impresario della compagnia, e poco dopo spariscono dei soldi alla signorina Valerie Gaynes.
Tutti al Royal di Middleton, teatro con un migliaio di posti. Intanto il lettore viene a sapere che Hambledon è innamorato della moglie di Alfred e le chiede di fuggire con lui, prima che al povero suddetto marito capiti un incidente durante una festa con un bottiglione di champagne che gli cade dall’alto sul capo (non dico nulla riguardo al marchingegno manomesso che avrebbe dovuto fermare la bottiglia). Sparito pure il regalo, un tiki (idolo maori), che Roderick aveva fatto alla moglie del defunto. Dunque indagini a tutto campo con il nostro ispettore che collabora, richiesto, con la polizia locale. Molti sono coloro che possono avere compiuto il delitto, come nei classici prodotti di quegli anni Trenta, attraverso falsi indizi opportunamente disseminati, un omicidio perpetrato in modo spettacolare (tipico della Marsh), qualche spunto sulla natura del luogo, un piccolo brivido che il tiki si porta dietro secondo superstizione locale, il tutto costruito attraverso una scrittura energica e convincente che si avvale di ogni mezzo di confezione (vedi la lettera finale di Roderick con la quale è sbrogliata l’intricata matassa).
La scheggia di Mary Roberts Rinheart
Il ragazzo Johnny Watson è sparito da tre giorni. Non è la prima volta che succede ma ora non si trova neppure dopo che la polizia ha setacciato tutta la zona. Un altro ragazzo bussa alla porta del veterinario Mitchell con il cane di Johnny che ha una zampa da curare (ferita da una scheggia di legno). Secondo lui c’è qualcosa che non va nella signora Hunt, a cui il nipote è stato affidato (è orfano dei genitori), perché non si preoccupa del suo ritrovamento. Tutto ruota attorno alla figura di questa signora. Forse è lei stessa ad averlo nascosto da qualche parte o, addirittura, lo ha ucciso. Ma dove? E perché? E come scoprirlo? Mitchell si mette ad indagare anche contro il parere della polizia ed il cane fa la sua parte. Brividoso.
Tre regine del giallo presentate superbamente da Mauro Boncompagni.
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