La vedova beffarda di Carter Dickson, Mondadori 2014.
Stoke Druid nel Somerset (1938). Classico villaggio inglese “antico e sonnolento” risvegliato da una serie di lettere anonime al veleno, di stampo soprattutto sessuale, scritte a macchina e firmate “La Vedova”, riferentesi ad una orribile figura in granito alta quindici metri che troneggia nei dintorni. Tra l’altro il nuovo vicario del luogo, Jamas Cadman Hunter, “giovanottone atletico, cordiale, simpatico”, viene accusato di avere “un’illecita relazione con la signorina Joan Bailey”, nipote del colonnello Bailey. Se a ciò si aggiunge che una di queste lettere spinge Cordelia Martin, organista innamorata del suddetto bel vicario, a gettarsi nel fiume e annegare, allora la situazione diventa drammatica.
Urge, perciò, l’apporto di qualcuno che risolva il caso e riporti la pace nel paese. E questo qualcuno è proprio il nostro gigantesco Henry Merrivale, chiamato dal libraio del luogo, che arriva scendendo da un taxi “grosso e massiccio come una botte, con un vestito di alpagas bianco”, con un “paio di occhiali cerchiati di corno”, il naso largo e la testa calva, seguito (dopo qualche pagina) dalle sue caratteristiche imprecazioni.
Dicevo delle lettere anonime che mettono in crisi soprattutto i rapporti, amorosi e arriva, addirittura, l’apparizione della Vedova stessa in una stanza chiusa dall’interno ad impaurire uno dei personaggi. Henry Merrivale è in splendida forma, trova che qualcosa non va in un carattere della macchina da scrivere, si destreggia egregiamente tra il mondo femminile (sua moglie Clementina è lontana), spinge a letture di Dumas, Mark Twain, Stevenson, Chesterton e Conan Doyle (mica male). Alla fiera di beneficienza lo becchiamo vestito perfino da indiano in una umoristica battaglia di palle di fango.
Spiegazione finale che lascia un po’ perplessi con la luna che si affaccia dappertutto ma a Carr si può perdonare. La mano, spesso, è quello che conta. E leggerei volentieri il suddetto anche se scrivesse emerite stronzate.
Per “I racconti del giallo” Questione di numeri” di Luca Romanello.
Anselmo Tabacchi sta andando dal medico. Un colpo al ginocchio, uno alla tempia e morto stecchito. Indaga lo sfortunato commissario Pietro Salza che ha perso la moglie e la figlia. Di mezzo una grossa vincita al Superenalotto e il problema di tante donne di oggi. Un buon racconto.
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