“Era assolutamente indispensabile per Stapleton procuraarsi qualche capo di vestiario di Sir Henry, di modo che, se avesse dovuto servirsi del cane, sarebbe stato provvisto del mezzo per metterlo sulle sue tracce. Con la prontezza e l’audacia che gli erano caratteristiche si misero subito all’opera, e non c’è dubbio che il lustrascarpe o la cameriera dell’albergo ricevettero una bella mancia per aiutarlo nel suo piano. Per una fatalità, tuttavia, il primo stivale che gli fu dato era nuovo di zecca e pertanto inutile al suo scopo. Allora lo fece restituire e ne ricevette un altro – un imprevisto altamente istruttivo, in quanto mi dimostrò in maniera definitiva che avevamo a che fare con un cane in carne e ossa, giacché nessun’altra ipotesi poteva spiegare tanta ansia di ottenere una calzatura vecchia e tanta indifferenza di fronte a una calzatura nuova. Quanto più un particolare è outré e grottesco, tanto più merita di essere analizzato con attenzione, e proprio il punto che sembra complicare un caso si rtivelerà, se studiato a dovere e approfondito in maniera scientifica, quello che più servirà a chiarirlo.
“La mattina seguente, poi, ricevemmo la visita dei nostri amici, sempre pedinati da Stapleton in carrozza. Dalla sua conoscenza del mio indirizzo e del mio aspetto, così come del suo comportamento generale, sono incline a pensare che la carriera criminale di Stapleton non si limitasse affatto a quest’unica faccenda dei Baskerville. E’ singolare che negli ultimi tre anni vi siano stati quattro furti di una certa entità nella regione occidentale, per nessuno dei quali è mai stato arrestato alcun indiziato. L’ultimo della serie, avvenuto in maggio a Folkstone Court, sollevò scalpore per il sangue freddo con cui era stato ucciso con un colpo d’arma da fuoco il fattorino che aveva sorpreso il rapinatore mascherato. Non dubito che Stapleton rimpolpasse con tale sistema quel poco che gli restava delle sue sostanze, e che fosse da anni un pericoloso malvivente.
“Ci diede un esempio della sua prontezza di spurito la mattina in cui si sbarazzò di noi in modo tanto brillante, nonché un saggio della sua audacia, quando mi rimandò come suo, per mezzo del vetturino, il mio stesso nome. Da quel momento capì che avevo accettato di occuparmi del caso a Londra, e che dunque egli non aveva alcuna possibilità di agire in città. Tornò dunque a Dartmoor e attese l’arrivo del Baronetto.”
- Un momento! – lo interruppi. – Lei ha senza dubbio descritto coreettamente la seuqneza dei fatti, ma c’è un punto che è rimasto irrisolto. Chi si occuoò del cane mentre il suo padrone si trovava a Londra?
- Ho riflettuto anche su questo dettaglio, che ha senz’altro la sua importanza. Non c’è dubbio che Stapleton avesse un uomo di fiducia, sebbenme è improbabile che si fosse spinto al punto di renderlo partecipe di tutti i suoi piani, rischiando così di mettersi nelle sue mani. C’era un becchio domestico a Merripit House, il cui nome era Anthony. Il suo legame con gli Stapleton risale addirittura ai tempi della scuola, dunque egli doveva essere a conoscenza del fatto che i suoi padroni erano in realtà marito e moglie. Quest’uomo è scomparso e ha lasciato il paese. E’ interessante notare che Anthony non è un nome comune in Inghilterra, mentre Antonio è un nome assai diffuso in tutti i paesi spagnoli e ispano-americani. L’uomo, come la stessa Mrs Stapleton, parlava un buon inglese, ma con una pronuncia lievemente blesa. Ho visto io stesso quest’uomo attraversare la Palude di Grimpen lungo il sentiero tracciato da Stapleton. E’ molto probabile, quindi, che in assenza del suo padrone fosse lui a occuparsi del segugio, pur non essendo forse al corrente dello scopo per cui la bestia veniva usata.
“Gli Stapleton tornarono dunque nel Devonshire, dove furono presto raggiunti da lei e da Sir Henry. Una parola, adesso, su quel che feci io in quel periodo. Ricorderà forse che allorché esaminai il pezzo di carta su cui erano incollate le parole stampate, ebbi la premura di analizzarne accuratamente la filigrana. Nel far ciò lo tenni a pochi pollici di distanza dagli occhi, e percepii una debole traccia del profumo noto come gelsomino bianco. Ci sono settantacinque varietà di profumo che un esperto criminologo deve assolutamente saper distinguere l’una dall’altra, e più di una volta, nel corso della mia esperienza, la soluzione di un caso è dipesa da un’individuazione tempestiva. Il profumo mi suggerì la presenza di una signora, e i miei sospetti cominciarono già a concentrarsi sugli Stapleton. Così, avevo già appurato che il segugio non aveva nulla di soprannaturale, e avevo indovinato chi fosse il criminale ancor prima che ci recassimo a ovest.
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