Colpo di spugna di Jim Thompson, Einaudi 2014.
Nick Corey è lo sceriffo di Potts County nel Texas. 1280 anime compresi i neri che l’anima proprio non ce l’hanno. A raccontarci la storia sbrindellata in prima persona è lo stesso sceriffo sbrindellato. D’altra parte la sua infanzia non è stata rosa e fiori con il padre che lo riempiva di botte se tanto tanto riusciva ad acchiapparlo. Pure da sposato “botte” psicologiche dalla moglie Myra che lo considera un buono a nulla e presa di culo da certi balordi papponi. Urgono provvedimenti a colpi di pistola. Così imparano.
Nick è lo sceriffo giusto nel posto giusto. Non strazia i coglioni a nessuno e triplice salto mortale (sul letto) tra Myra, Rose e Amy che il sesso va via come il pane. A rompere le uova nel paniere Lennie, fratello di Myra, stupido occhieggiatore solitario. Se c’è da difendere il proprio posto di lavoro durante le elezioni basta creare ad arte delle dicerie sull’avversario di turno e il gioco è fatto. Niente inferni privati per Nick. Sono tutti pubblici e “tutti condividiamo quelli degli altri e tutti gli altri condividono i nostri”. A volte il vuoto che si riempie di cose orribili; figlie stuprate dai padri (vedi Henry Clay); mogli picchiate dai mariti; bambini che bagnano i letti per la paura; facce chiazzate dallo scorbuto, i debiti, la fame. Ma solo per un attimo.
E’ talmente strambo il Nostro che ci sta a pennello in una società degradata basata sul porco razzismo e meschino calcolo personale. Da un inizio buffo si prosegue lungo una scia di tragedia mortuaria esaltata da una scrittura cinica e sghignazzante. A fine lettura come Nick non sappiamo cosa fare. Se sorridere di tutto l’ambaradan pulpesco o fermarci un attimo a pensare. O entrambe le cose.
Inutile fare paragoni con altri scrittori. Come afferma Lansdale nella introduzione Jim Thompson è stato un caso a parte. Lasciamolo lì. Da solo. E togliamoci il cappello.
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