Credo che per tutti i narratori veri sia una sensazione comune. Spesso ci dimentichiamo di leggere, di trovare nuovi punti di partenza, di tornare ad appassionarci come negli anni della formazione. Per me è sempre una grandissima emozione. Una finestra che si apre su un panorama al tempo stesso familiare (quello del noir, dell’avventura e dell’azione) ma visto con uno sguardo “fresco”, accattivante, che ti avvince e ti stimola, coltivando la tua fantasia con sementi nuove che daranno chissà quali frutti. Per il momento resta il puro piacere di una lettura avvincente.
Raymond Benson è un amico e collega di lunga data e così Andrea Carlo Cappi che me lo ha fatto conoscere ai tempi in cui scrisse gli apocrifi di James Bond (pubblicati da Mondadori e Alacràn), sicuramente tra le opere del filone tra le più riuscite. Che Raymond scrivesse poi altri romanzi di ottima qualità lo sapevo, in particolare Torment (in Italia Ossessione) che avevo trovato particolarmente coinvolgente. Nulla di tutto ciò, se non una generica fiducia nel fatto che stavo acquistando un libro di qualità, mi aveva preparato alla lettura del primo volume della avventure di Black Stiletto.
Un’eroina della fine degli anni ’50. In costume ma non dotata di super poteri, abile, mortale, arguta, Una donna forte pur con le sue debolezze. E intorno a lei un mondo favoloso di gangster, spie, pugili, mafiosi. Ma non basta, perché le avventure della vendicatrice mascherata che si cela dietro la maschera di Black Stiletto ci portano a oggi, al narratore (che poi è suo figlio), uomo comune alle prese con le nostre difficoltà e che scova in un diario una chiave per stabilire un ponte con la anziana madre malata di Alzheimer.
Non finisce qui perché, come in ogni grande storia popolare, il passato s’intreccia con il presente in un gioco perfetto di scacchi e tasselli. Che, come si diceva una volta, «ti tiene inchiodato sino all’ultima pagina» e, naturalmente, ti costringe a d aspettare il prossimo episodio con «trepidante desiderio di vedere come procede la saga». Eh sì, perché a noi piacciono le saghe, ah ah. Sulla storia di questo primo romanzo pubblicato da Centoautori e tradotto dall’ottimo Cappi con piglio e verve, non vi dico. C’è però qualcosa di profondamente umano, struggente, toccante nella vicenda di Black Stiletto. Un valore aggiunto che non si sovrappone alla vicenda che è concepita per intrattenere. Emerge tra le righe, nei pensieri dei protagonisti e nel mondo in cui vivono.
La nostalgia per un tempo di avventure sognate, di eroi ed eroine, di affetti perduti. Il legame tra genitori e figli, qualcosa che, per mille ragioni sembra essere andato irrimediabilmente andato storto ma che il destino (l’autore in questo caso) ributta sul tavolo concedendo a tutti una possibilità per riplasmare la storia, il proprio mondo affettivo. È questa forse la potenza di Black Stiletto che Raymond lascia filtrare tra perfette ricostruzioni dell’America anni ’50, duelli di arti marziali, e il tratteggio di un’eroina che avrebbe molto da insegnare a quelle di oggi, così comprese di essere donne con una loro dignità da scordare cosa significhi essere realmente un personaggio femminile che unisce forza e fragilità.
Non è facile per un uomo addentrarsi in un universo psicologico del sesso opposto, ma Raymond ci riesce. Lo fa con mano leggera, toccando tutti i tasti giusti ma senza pestarvi sopra, consapevole che la storia deve andare avanti. Così la caratterizzazione del personaggio, gli ambienti, gli intrecci, le corde emotiva stimolate nel lettore si fondono in un intreccio indimenticabile. Bravissimo Raymond... aspettiamo gli altri episodi, scrutando nella notte. Chissà, magari anche tra i tetti della nostra città, potrebbe volteggiare Black Stiletto.
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