Il veleno è servito di Anthony Berkeley, Mondadori 2014.
3 settembre sinistro ad Anneypenny nel Dorset: raffiche di vento improvvise, tuoni, un “senso di cattivi presagi e rovina” con il sig. John Waterhouse, uomo semplice e gentile, che tira il calzino. No, non per la sua maledetta ulcera gastrica, ma per una buona dose di cianuro trovato nel sangue, dopo che suo fratello Cyril ha fatto riesumare la salma. Alla moglie Angela un corposo testamento. Nel frattempo una certa boccetta di medicinale, fatta preparare dal medico di famiglia Glen Brougham per John, è sparita.
Mi spiego meglio. La suddetta boccetta è stata presa dal vicino di casa Douglas Sewell, frutticultore, che è il narrante in prima della vicenda, così, per istinto, in quanto poco convinto della cura. Solo che non la ritrova più nel suo cassetto.
La semplice storia di un delitto di villaggio (in ebollizione), si complica, si allarga, la segretaria di Angela, una nazista, fugge veloce in patria (perché?), arriva pure Scotland Yard (ancora perché?) e il cugino Alec Jeans con una notizia sorprendente (quale?). Quadretto umoristico durante l’inchiesta in un’aula della scuola con la cuoca nazista austriaca che ce l’ha con gli “eprei”.
Scrittura lenta, precisa, personaggi ben scavati come i rapporti familiari in un villaggio pettegolo (“Dove c’è un villaggio inglese, c’è il pettegolezzo”), sorprese e sorprese specialmente dal punto di vista sentimentale (chi mai avrebbe pensato che lei o lui… ma guarda un po’), e in tribunale arriva pure una lettera del morto (acc…mi è sfuggita). Già vista la coppia ulcera gastrica- cianuro nella letteratura poliziesca ma ciò che conta è la mano. E quella di Berkeley è una manina santa. Se poi ci si aggiunge la sapienza del traduttore Mauro Boncompagni andiamo a festa.
La banda scatenata di Franco Forte ha colpito ancora.
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