Luis Roldán né vivo né morto di ;Manuel Vázquez Montalbán, Feltrinelli 2013.
Tre tizi di Saragozza (poco raccomandabili) incaricano Pepe Carvalho di trovare Luis Roldán, ex capo della Guardia Civil e delegato del governo in Navarra del PSOE, a cui hanno affidato un bel gruzzolo per acquistare una tenuta di caccia in Kenia. Vogliono Roldán “né vivo né morto”.
Carvalho con le sue “pastiglie per l’acido urico, la pressione, la depressione, l’euforia, la stitichezza e un piatto di trippa “alla fiorentina” contro l’effetto delle pastiglie” (tiè!) via in giro a trovare questo benedetto uomo che pare spunti dappertutto (che abbia dei sosia?). Insieme a rogne, botte, spari con relativo morto. E fogne. Miriadi di fogne, lungo le quali sguazzano le fazioni del potere economico, politico, militare multinazionale. E lungo le quali si trova a circolare Carvalho aiutato dal fido Biscuter, che si era ringalluzzito tempo addietro con “un corso di zuppe e minestre in una scuola di alta cucina di Parigi” (Cibo sempre presente nel libri di Montalbán e vedi mangiatona da blurp pag. 45).
Realtà e fantasia, metafore e contrometafore dove il linguaggio la fa da padrone per delineare la Spagna del tempo e un mondo decisamente schifoso. Gruppi e grupposcoli, sigle su sigle, servizi segreti su servizi segreti che infestano il paese. Citato Holmes come da prassi giallistica.
Però sono sincero. Sarà perché l’ho letto in macchina durante una mattinata piovosa, sarà perché ogni giorno perdo milionate di neuroni, ma non l’ho compreso del tutto nei suoi incredibili risvolti. Comunque svergo un ottimo per non fare la figura del bradipo.
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