A questo punto la narrazione diventa più chiara. Si delinea soprattutto l’atmosfera del maniero inglese, così caro al mystery anglosassone, i personaggi dalla servitù agli ospiti, uniti da una ricorrenza ma in realtà divisi da segreti e bramosie inconfessabili. Qui gioca le sue carte migliori Aldo Reggiani che fu attor giovane dal viso e i modi simpatici, destinato ad accaparrarsi le simpatie del pubblico anche quando viene sospettato del furto e inspiegabilmente respinto da Rebecca.Contro di lui si erge subito la figura di Godfrey, cugino della fanciulla e a sua volta pretendente alla mano della giovane. Giancarlo Zanetti era ottimo attore ma dotato di una fisionomia (soprattutto se gravata da un paio di baffi e un’acconciatura fuori moda) che lo rendevano il “cattivo” ideale. Il rivale in amore è, per il pubblico odierno (e forse anche per quello dell’epoca dello sceneggiato) un non troppo difficilmente identificabile colpevole. Per arrivare alla spiegazione finale però passeremo tra mille sospetti e segreti, in alcuni casi attingendo dalla pura tradizione gotica. Il personaggio di Rossana, la domestica zoppa, innocente ma comunque ex galeotta, innamorata senza speranza di Franklin che crede a sua volta colpevole e vuol proteggere sino all’estremo sacrificio (il suicidio nel Pozzo del Diavolo) ha caratteristiche fortemente gotico-romantiche.
Persino Lucy, la zingara che vie sulla spiaggia e si rivela la sua unica amica ha qualcosa di sinistro, se non di dichiaratamente sovrannaturale, almeno di fuori dalla ferrea logica delle indagini. Queste prevedono ipnotismo, coincidenze, pozioni allucinogene, una incredibile serie di coincidenze e false piste che creano una riuscitissima atmosfera da giallo inglese per quasi tutta la vicenda. Dico “quasi” perché una volta assodato che Franklin non ha rubato la pietra come tutti hanno creduto la storia si sposta a Londra.
Qui la storia subisce un’accelerazione. Compaiono nuovi personaggi, un marinaio olandese, un banchiere strozzino, un losco faccendiere, e Cuff e Franklin sono costretti a muoversi nei bassifondi, a saltar giù dai treni e a fare a cazzotti, insomma da un piano squisitamente deduttivo la storia passa nuovamente nel campo avventuroso. L’intuizione e l’indagine sono importanti ma il delitto consumato a coltellate e strangolamenti, lo scontro fisico assumono via via un ruolo predominante. E il finale, anche qui confermando una serie di regole applicate in tutta la successiva storia del Giallo, pur trovando una logica spiegazione a tutto riserva per chi segue la storia qualcosa di magico. Quasi per confermare che la maledizione della pietra non è solo frutto di fantasia, il gioiello potrà trovare pace solo se riportato nel suo luogo d’origine.
Una storia unicamente criminale? Forse, ma forse anche un racconto del sovrannaturale intrecciato con la quotidianità. Una formula che ritengo ancora validissima nel giallo moderno.
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