- In questo caso, deve averglielo messo il cameriere mentre stavamo pranzando. Si mandò a chiamare il tedesco, il quale però dichiarò di non saperne nulla, e le nostre ricerche si arenarono subito. Un altro pezzo era andato ad aggiungersi alla costante alla costante e apparentemente immotivata serie di piccoli misteri che si erano succeduti l’un l’altro con tanta rapidità. Lasciando da parte tutta la lugubre storia della morte di Sir Charles, avevamo una lista di incidenti inspiegabili che si erano verificati nello spazio di due giorni, e che includevano l’arrivo della lettera, la spia barbuta in carrozza, la scomparsa dello stivale marrone nuovo di zecca, la scomparsa del vecchio stivale nero, e adesso la ricomparsa dello stivale marrone. Holmes era seduto in silenzio nella carrozza che ci riaccompagnava a Baker Street e io sapevo, dalle sue sopracciglia corrugate e dal suo volto tirato, che la sua mente, come la mia, era impegnata a cercare di configurarsi uno schema entro il quale tutti questi episodi strani e apparentemente sconnessi potessero essere fatti rientrare. Fino a pomeriggio inoltrato rimase seduto a fumare tabacco e a riflettere.
Poi, subito prima di cena, ci furono recapitati due telegrammi. Il primo diceva:
Appreso ora Barrymore trovasi effettivamente Hall – BASKERVILLE.
E il secondo:
Visitato ventitré alberghi come da istruzioni ricevute, ma spiacente dichiarare impossibilità rintracciare ritagli Times – CARTWRIGHT.
- E così si spezzano due dei miei fili, Watson. Trovo che non vi sia nulla di più stimolante di un caso in cui tutto mi si rivolge contro. Dobbiamo individuare un’altra pista.
- Ci rimane il vetturino che ha trasportato la spia.
- Appunto. Ho telegrafato per farmi dare il suo nome e indirizzo dall’ufficio comunale. Non mi stupirei se questa fosse la risposta alla mia richiesta.
Il trillo del campanello fu ancor più soddisfacente di una risposta, tuttavia, perché la porta si aprì e fece il suo ingresso un uomo dall’aspetto rude che era evidentemente il diretto interessato.
- Mi hanno avvertito dalla direzione che un signore rispondente a questo indirizzo ha chiesto del 2704 – disse. – Porto la carrozza da sette anni e non ho mai avuto una sola lamentela. Sono venuto direttamente qui dal deposito per sentirmi dire in faccia perché ce l’ha con me.
- Non ce l’ho affatto con lei, brav’uomo – replicò Holmes. – Al contrario, ho qui mezza sovrana per lei se risponderà in modo chiaro alle mie domande.
- Accidenti, ho avuto una buona giornata e niente è andato storto – disse il vetturino con un sogghigno. – Cosa voleva chiedermi, signore?
- Prima di tutto il suo nome e l’indirizzo, nel caso possa avere ancora bisogno di lei.
- Mi chiamo John Clayton e abito in Turpey Street numero 3, al Borough. Tengo la carrozza nel posteggio di Shipley’s Yard, vicino alla stazione di Waterloo.
Sherlock Holmes prese un appunto.
- Ora, Clayton, mi racconti di quel cliente che sorvegliava questo edificio alle dieci di stamani e poi le ha ordinato di seguire due gentiluomini giù per Regent Street.
L’uomo parve sorpreso e un po’ imbarazzato. – Bè, non serve a niente menare il can per l’aia, perché mi sembra che lei ne sappia quanto me. La verità è che quel signore mi ha detto di essere un investigatore e mi ha intimato di non parlare di lui con nessuno.
- Mio caro amico, questa è una faccenda molto seria, e lei può trovarsi nei guai se cerca di nascondermi qualcosa. Sostiene che il suo cliente le ha riferito di essere un investigatore?
- Sì.
- Quando gliel’ha detto?
- Mentre scendeva dalla vettura.
- Ha detto nient’altro?
- Mi ha detto come si chiama.
Holmes mi lanciò in tralice una rapida occhiata di trionfo. – Oh, le ha detto come si chiama, non è vero? Questa sì che è imprudenza! E quale nome le ha dato?
- Il suo nome – rispose il vetturino – era Mister Sherlock Holmes.
Non ho mai visto il mio amico più sbalordito di quanto lo fu alla risposta del cocchiere. Per un momento rimase ammutolito dallo stupore. Poi scoppiò in una fragorosa risata.
- Toccato, Watson! Toccato, è innegabile! – esclamò. – Ecco una lama agile e svelta non meno della mia. Ha colpito proprio a segno, questa volta. Dunque, costui le ha detto di chiamarsi Sherlock Holmes, giusto?
- Sì signore, era proprio questo il nome di quel gentiluomo.
- Eccellente! Mi dica dove l’ha caricato e tutto quello che è successo.
- Mi ha fermato alle nove e mezza in Trafalgar Square. Ha detto che era un investigatore, e mi ha offerto due ghinee se eseguivo alla lettera i suoi ordini per tutta la giornata, senza fare domande. Sono stato ben contento di accettare. Prima siamo andati al Northumberland Hotel e abbiamo aspettato finché sono usciti due signori che hanno noleggiato una carrozza al posteggio. Li abbiamo seguiti finché non si sono fermati qui nei dintorni.
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