L’ultima indagine di Davide Camarrone, Sellerio 2013.
Sono sincero. Non conoscevo l’autore. Ho preso il libro perché piccolo e leggero da mettere in tasca e tirarlo fuori al momento opportuno. Pratico, insomma. La Sellerio, poi, è una casa editrice di cui mi fido.
Dunque siamo a Palermo nel 1911. Commissario di Polizia il Cavalier Eugenio Garbo, scapolo, gambe magre, ventre rilassato e piatto, rughette sottili del viso, capelli neri, naso dritto e carnoso, vive in soffitta Macaluso, lettura di vecchi romanzi francesi.
Sparito con la moglie La Mantia Federico, agente scelto di pubblica sicurezza, infiltrato nelle maglie della mafia. Urge trovarli. Ad aiutarlo nella ricerca il delegato La Placa Pasquale, undici figli (e ancora non è finita) e il piantone Calascibetta. Si crea un nesso tra un delitto camuffato da incidente (chi indagava costretto a trasferirsi) e la scomparsa del suddetto.
Garbo contento di poter mostrare la forza del suo commissariato. Ma è dura, lettere anonime di minaccia, notti insonne, ostacoli dagli stessi superiori. Ricordi di storia, le insurrezioni palermitane, la mafia che prospera e resiste ad ogni dominio, qualche intermezzo culinario con pagnottelle di semola, interiora di agnello, fritti misti, vino rosso, squarci di vita come l’acquaiolo e l’invito con un sorriso di due “signore” a darsi da fare, la moda orientale che porta anche l’hashish. Troppi soldi circolano a Palermo, troppi interessi, difficile non cadere in tentazione. E quando tutto sembra risolto, tutto concluso, si può fare pure la figura del fesso. Una storia di ieri, una storia di oggi (?).
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