Ho incominciato a leggere Dritto al cuore di Elisabetta Bucciarelli, edizioni e/o 2013, dopo aver perso una partita a scacchi (in quel di Cesenatico) con sacrificio di Cavallo che si era rivelato del tutto scorretto e l’animo di farla pagare a qualcuno. In questo caso all’autrice del libro (anche i recensori hanno le loro malvagità).

Non c’è stato verso. Intanto siamo in montagna, al villaggio Walser sui duemila metri. Aria tersa e pura che fa rinascere. Poi un pizzico di mistero con la “Casa” chiusa e buia, “personaggio” inquietante del libro. Un capo mozzato di una ragazza negroide (delitto collegato ad altri delitti), una morte oscura del passato, campi magnetici nel fiume, la battaglia delle mucche, una di queste avvelenata.

Lì vicino, in vacanza, l’ispettore Maria Dolores Vergani presa dai suoi ricordi (in aspettativa sei mesi dopo una brutta storia). C’è un villaggio, ci sono le vicende dei suoi abitanti, l’amore adolescenziale, la violenza, il fuori di testa. Ma, soprattutto, il mistero, gli spazi, la solitudine, il silenzio, i sentimenti e i ricordi che affiorano. Due donne a confronto: la Nina Parisi in relazione amorosa con il dott. Funi, sicura, decisa, che vuole tutto e la titubante Vergani alla ricerca di un senso da dare alla vita, il tentativo di cambiare se stessa.

Interessa poco l’indagine (che ho volutamente trascurato insieme ai tipici personaggi di un giallo che si rispetti), se non come spunto per le vicende umane e i dubbi che si agitano dentro di noi.

Una prosa semplice, tenera, leggera. Come in una fiaba. Dritta al cuore.

Però quel maledetto sacrificio di Cavallo…