Il mordicchiamento della guancia era stato sfruttato anche ne Il terzo sparo, sempre del Lucarellone, in Crimini di AA.VV., Einaudi Stile Libero 2005., per Lara D’angelo con quel tic che inquadra subito il suo mondo psicologico. Qui lo ribecchiamo in Grazia Negro, ispettore alla sezione criminalità organizzata della squadra mobile di Bologna, relazione (così e così) con il compagno Simone cieco, sogno ricorrente che la angustia, desiderio conflittuale di maternità. Aggiungo carina, minuta, rotonda, dita piccole (osservazione del carabiniere Pierluigi, “faccia da bambino”, che si innamora di lei), già brava nello scovare l’Iguana, il Pit Bull, Lupo Mannaro e ora alle prese con il Cane, ultimo delinquente che ha ammazzato Enzino Cardella, nipote di Carmelo Giannello e allora c’è puzza di mafia. “Cane” perché gli ha strappato naso, orecchio, mascella, e pure la maglietta all’altezza del cuore come un feroce mastino. Assassino incazzato nero, ce l’ha con tutti e nello stesso tempo chiede aiuto attraverso un blog (“c’è qualcuno là fuori che può aiutarmi?).
Squadra al lavoro con vari ispettori, compreso il carabiniere innamorato, e compreso Massimo Picozzi tirato fuori dalla televisione e infilato nella vicenda come esperto di profili criminali. Di mezzo una bella canzone da decifrare (“Il sogno di volare” di Andrea Buffa), la nostra ispettrice in pericolo e un bacio ci vuole, via, con la “faccia da bambino”, ma un salto sul letto (poi) è ancora meglio. Sguardo sfiduciato alla Bologna di oggi che non è più la Bologna di ieri, muta e stanca di cui non si ricorda più nessuno, con gli extracomunitari che si ammazzano volando dai ponteggi male allestiti. Seguono altri morti.
E insomma, lasciatemelo dire, il solito tran tran giallastro (magari sfornato, senza dubbio, con maggiore talento espressivo), il solito spazio al delirio in prima persona dell’assassino, la solita storiella sentimentale, il solito falso omicida, il solito pericolo per la protagonista, il solito colpo di scena finale oramai scontato, unto e bisunto. “Agghiacciante!”, come direbbe l’allenatore della Juve imitato da Crozza.
Dagli scrittori di talento si deve pretendere molto di più.
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