In un vicolo cieco di Anne Perry, Mondadori 2013.
Siamo a Londra nel 1893. Attentato anarchico, fatte saltare le case di un quartiere a Myrdle Street, morto il capo Magnus Landsborough ucciso, però, non dall’esplosione ma da una mano misteriosa con un colpo di pistola alla nuca. Presi due anarchici che accusano la polizia stessa dell’omicidio e di sfruttare i negozianti.
Indaga Thomas Pitt “poliziotto da sempre. Aveva sacrificato tempo ed energie al proseguimento della giustizia o alla risoluzione di una tragedia o di un delitto, lavorando giorno e notte, lottando contro lo sfinimento emotivo. L’ombra gettata sull’onestà e sugli ideali degli uomini con cui aveva collaborato lo derubava del significato di un quarto di secolo del suo passato e della fiducia che nutriva nelle forze che tutelavano il futuro”.
Si invoca una polizia armata in grado di esercitare il diritto di perquisizione (dibattito acceso su una questione vitale per gli inglesi), sprazzi su Londra del tempo sporca di rifiuti, animali vari per le strade, anche vacche e maiali macilenti. Di mezzo la Confraternita “una rete di alleanze segrete, compromessi e lealtà tra persone che apparentemente non avevano alcun legame fra loro”. Poliziotti marci, dunque, (si sospetta addirittura il capo della polizia) ma anche onesti, tutti d’un pezzo, come il sergente Tellman, che aiuta Pitt con la massima energia e, per arrivare all’obiettivo, ci si allea pure con individui infidi e pericolosi. Importante il ruolo delle donne, vedi Charlotte, moglie di Thomas, impegnata a difenderlo in ogni modo. Un evento del passato che si insinua nel presente, momenti di tensione e di pericolo.
Racconto svolto con la solita maestria stilistica dell’autrice capace di creare personaggi che rimangono impressi nella memoria (oltre all’atmosfera del tempo). Straordinari quelli femminili.
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