Negli ultimi giorni si è parlato molto del problema legato al copyright sul personaggio di Sherlock Holmes. Uno degli editori inglesi con i quali abbiamo contatto ci assicura che la diatriba riguarda solo gli Stati Uniti ed è in relazione al loro Copyright Act. Per riassumere la situazione di seguito un articolo recentemente apparso su il Post.
Leslie Klinger è uno scrittore americano e curatore di alcune delle più importanti opere su Sherlock Holmes, il celebre personaggio letterario creato dallo scrittore scozzese Arthur Conan Doyle alla fine del XIX secolo, protagonista di quattro romanzi e cinquantasei racconti. Leslie Klinger ha pubblicato la più importante edizione annotata dei racconti, dal titolo The new annotated Sherlock Holmes, pubblicata nel 2004. È per questo considerato il più importante studioso vivente del personaggio.
Klinger ha pubblicato nel 2011 una raccolta di racconti dal titolo In the Shadow of Sherlock Holmes ed è stato tra i curatori, insieme a Laurie King, di A study in Sherlock, una raccolta di racconti di scrittori celebri ispirati a quelli di Arthur Conan Doyle. A proposito di queste ultime opere, racconta l’Economist, gli eredi di Conan Doyle hanno chiesto e ottenuto una cifra pari a circa cinquemila euro. Per altre opere in via di pubblicazione, è in corso invece una complessa causa legale.
Leslie Klinger ha presentato la causa a un tribunale federale di Chicago, sostenendo che lui non ha violato la legge sul diritto d’autore, dato che le opere di Conan Doyle sono ormai di dominio pubblico. La situazione è complicata: ci sono dietro una serie di questioni che si sono sviluppate in materia di legislazione sul diritto d’autore negli Stati Uniti. Il punto principale da tenere in mente è questo: una parte dei racconti di Sherlock Holmes sono stati pubblicati prima del 1923, e quindi sono di pubblico dominio negli Stati Uniti, un’altra parte invece dopo quell’anno, e quindi sono ancora protetti dal diritto d’autore.
La richiesta degli eredi dello scrittore (morto nel 1930) riguarda il pagamento di quote su alcuni “aspetti complementari” del personaggio, ovvero singole scene che appartengono a opere ancora tutelate dal diritto d’autore. Si appellano ai principi del Copyright Act approvato negli Stati Uniti nel 1976 e che rappresenta la base primaria per la legge sul diritto d’autore nel paese. A questo punto, proviamo a capire come funziona la legge.
La durata del diritto d’autore stabilita dal Copyright Act sulle opere era di 50 anni dopo la morte dell’autore e di 75 anni se l’opera apparteneva a una società. La durata del diritto d’autore fu in seguito estesa, con l’approvazione della legge conosciuta come Copyright Term Extension Act (CTEA), approvata nel 1998 (e attualmente in vigore), che estese di altri 20 anni la tutela del diritto d’autore negli Stati Uniti per le opere registrate dopo il 1923.
Il limite massimo di 50 anni dalla morte dell’autore venne quindi allungato fino a 70 anni, mentre quello delle opere detenute da una società venne portato a 120 anni dalla creazione dell’opera o a 95 anni dopo la pubblicazione dell’opera: viene preso in considerazione, tra i due, il termine che scade prima dell’altro. Il diritto d’autore per le opere pubblicate prima del 1 gennaio 1978 venne incrementato di altri 20 anni, portando quindi il limite fino a 95 anni dalla data di pubblicazione. Naturalmente, in questo periodo di tempo, sono tutelati anche tutti gli altri diritti connessi al diritto d’autore, cioè i diritti morali ed economici.
Inoltre, i lavori “complementari” realizzati intorno a un’opera a partire dal 1923 e ancora sotto tutela nel 1998 (anno di entrata in vigore della legge) devono essere considerati protetti, e non di dominio pubblico, fino al 2019, a meno che, volontariamente, l’autore non decida di renderli di dominio pubblico. A differenza della legislazione europea, il Copyright Term Extension Act non ha rinnovato i diritti di opere già scaduti, ma esteso quelli ancora attivi (in modo retroattivo). Tutto quello che è stato pubblicato prima del 1923 è invece diventato di pubblico dominio.
Torniamo a Sherlock Holmes. In base alle leggi più recenti, dieci opere di Conan Doyle pubblicate negli Stati Uniti per la prima volta nel 1927 – incluse in The Case-Book of Sherlock Holmes – risulterebbero sotto diritto d’autore fino al primo gennaio 2023. Per quelle dieci opere, la società che gestisce i diritti e gli eredi di Conan Doyle stanno facendo causa a Leslie Klinger.
Klinger ha detto che la società che gestisce i diritti di Sherlock Holmes aveva già chiesto una quota forfettaria sulla sua opera pubblicata nel 2011, cioè l’edizione annotata. Prima ancora, nel 2010, ai tempi in cui iniziò a lavorare per A study in Sherlock (la raccolta di racconti di scrittori celebri) Klinger aveva deciso, insieme al suo editore, di acconsentire a una richiesta simile, fatta sempre dalla società, per evitare problemi.
La stessa richiesta si è ripetuta per un lavoro successivo di Klinger, In the Company of Sherlock Holmes, che dovrebbe essere pubblicato dalla casa editrice Pegasus Books. In questo caso, Klinger e l’editore hanno deciso di non pagare: di conseguenza, nel dicembre del 2012 la società che gestisce i diritti di Conan Doyle ha minacciato azioni legali contro la casa editrice per il mancato pagamento. La casa editrice, a questo punto, ha deciso di non pubblicare l’opera di Klinger fino a quando non verrà prima chiarita la vicenda.
Per evitare problemi simili, negli ultimi anni, diversi produttori cinematografici e televisivi hanno deciso di pagare una quota alla società, anche se la maggior parte delle opere di Conan Doyle su Sherlock Holmes sono state pubblicate prima del 1923 e sono dunque di dominio pubblico. Chi non l’ha fatto non ha comunque dovuto affrontare, fino a oggi, alcun procedimento legale.
La società, nelle sue richieste, fa appello ad aspetti e scene riguardanti il personaggio incluse in opere pubblicate dopo il 1923, cercando di far valere i propri diritti sugli “aspetti complementari” spesso riprodotti nelle opere pubblicate da Leslie Klinger. Peter Hirtle, esperto in materia della Cornell University, ha spiegato che la società starebbe barando: «Basta immaginare una scena in cui si descrive Sherlock Holmes che suona il violino, per esempio» – che, immaginiamo, fa parte di una scena di un racconto pubblicato dopo il 1923, e quindi ancora tutelato – «non può essere considerata sotto tutela se la nuova storia, scritta oggi, è incentrata principalmente su elementi e fatti raccontati da Doyle che sono invece di pubblico dominio».
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