Non c’è niente da fare. Più lo leggo e più mi lascia insoddisfatto. Eppure è un baluardo della letteratura poliziesca. Parlo di Il bandito invisibile di Edgar Wallace, Mondadori 2013.
Impossibile delineare una trama decente. Mi affido un po’ alla quarta di copertina “Harry Stone è in fuga da un passato che vorrebbe lasciarsi alle spalle. Ma il suo passato non sembra della stessa idea. Harry rientra in patria dalla Rhodesia giusto in tempo per assistere all’epilogo di un redditizio colpo notturno in una banca di Glasgow. E’ sicuro che uno dei banditi sia un suo ex compagno di cella, Bob Daney, svaligiatore inafferrabile, un vero e proprio incubo per la polizia.” Forse si può sfruttare questa occasione…
Altro personaggio fondamentale Timothy Jordan (Tim) capo del reparto investigativo della Rhodesia che intende entrare nella polizia londinese “per dare la caccia ai delinquenti e scoprire il perché della loro perversità” e che si troverà a collaborare proprio con Scotland Yard per la risoluzione di certi casi che riguardano Harry e Bob. Nipote di Benjamin Ankroot, speculatore in Borsa che ha alle sue dipendenze come segretaria Mary Grier, un tipino niente male (soprattutto per Tim) con qualcosa da nascondere. Sua dimora Clench House dove si svolge una parte della vicenda e che racchiude anch’essa un bel mistero. Non la faccio lunga: qualche morto ammazzato, qualche sparizione, qualche apparizione improvvisa, sparatorie, gelosia (vedi moglie di Bob), pure un delatore di professione che “Fra la legge e i senzalegge esiste un’intesa che i cittadini onesti non possono comprendere”.
Dunque storia incasinata il giusto secondo lo stile di Wallace, ricca di colpi di scena, di movimento, di personaggi che appaiono e scompaiono all’improvviso. Scrittura veloce che non lascia spazio agli approfondimenti (personaggi scarnificati), buttata giù di getto, senza troppa cura, senza una rielaborazione, come se fosse da riprendere e sistemare in un successivo momento (ma per lui andava bene così e anche ai suoi innumerevoli lettori).
Un libro che non mi sconfinfera un granché anche se ne capisco l’importanza nella evoluzione storica del romanzo poliziesco. Comunque da leggere in ogni caso.
Per I segreti del giallo abbiamo Tempo Zero di Claudio Costa.
Una morta stecchita per una pugnalata alla giugulare ed altri colpi tra costato e ventre. Disposta a stella come altre due. Con l’ispettore Belmonte che ha una paura matta che si tratti sempre di Sara (le assomigliano tutte), il suo amore perduto. Fissato che qualcuno la voglia uccidere. Tra Nietzsche e il Kamasutra il racconto fila via liscio con l’ottima spalla Cargise che va per le spicce. Ah, l’amore…
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