Il buon informatore di John Banville, Guanda 2013.
Sin dall’inizio ci si accorge che qualcosa non va. Nell’informatore scelto dal famoso giornalista John Glass, un irlandese trapiantato da poco a New York che deve scrivere la biografia di William “Big Bull” Mulholland, pezzo grosso delle telecomunicazioni di cui è diventato genero sposando la bella Louise (quarantotto anni ma ne dimostra trenta). Un informatore alto, magro, “con la testa troppo piccola per la sua corporatura e un pomo d’Adamo grande come una palla”. Un lemure. Un lemure un po’ troppo curioso.
E’ da questo “lemure” che iniziano le grane (“Ma io so qualcosa che vi farà a pezzi”) e arriva il morto ucciso con un colpo di pistola nell’occhio sinistro che ricorda un’altra vicenda del passato, più precisamente il suicidio di Charles Varriker, collaboratore di William Mulholland. Indaga il capitano Ambrose “la faccia di un martire di El Greco, con occhi scurissimi e sofferenti e il naso simile alla testa affilata di un’ascia di pietra”. Ma non sarà lui il protagonista. Al centro il nostro Glass, la sua storia personale con tutti i suoi problemi, la moglie (ricca) che non ama più, l’amante, l’ombra potente e minacciosa del suocero, un figliastro che non ha mai sopportato.
Scrittura veloce, energica, tagliente che va al cuore delle cose e sbozza i personaggi con pochi tocchi. La storia di una famiglia, i suoi segreti, i ricordi che si affollano nella mente del protagonista, un matrimonio finito che rimane in piedi per pura facciata, per pura apparenza (voluta dalla moglie), la vita che scorre con un senso di ineluttabile fatalità.
Niente grossi colpi di scena, niente movimento esasperato, niente azioni funamboliche ma un lento insinuarsi di dubbi, di incontri, di pensieri, di paure, una bevuta, un drink (martini e tocai friulano), un emergere a tratti di una vicenda nascosta nel tempo, spunti di vita della città che si mescolano al racconto (vecchina che attraversa con il rosso, fattorino che parla fra sé e sé, “derelitto” che litiga con un poliziotto…) un paio di citazioni su Sherlock e Poirot.
E insomma un avvicendarsi grigio in cui tutti, secondo uno dei personaggi, sono colpevoli. Ma chi è il vero colpevole?
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