Tutto quel rosso di Cristiana Astori, Mondadori 2012.

Susanna Marino, studentessa al collegio Merini (pure portinaia per pagarsi la retta) in cura dallo psichiatra Donati per narcolessia (prende pillole di Ritalin), è salvata da Clara Pardi “bionda, precisa, secchiona” mentre sta per buttarsi nel vuoto. Suo progetto la tesi “sullo spazio nelle location dei film argentiani e sulle dinamiche della paura che suscitano nello spettatore…” per il prof. Rosselli (che pure lui qualche problema ce l’ha). Clara viene uccisa con una mannaia come in “Profondo rosso” e così altri omicidi seguono le modalità di quel film famosissimo con la famosissima canzone corroborata dal pupazzo meccanico.

Ad indagare il commissario Tommasi (scapolo) con il sovrintendente Fani. Sotto torchio Susanna che ha visto l’assassino passare per la portineria con un cappuccio in testa “vuoto” e quindi senza poter indicare le sembianze del suo volto. Altri personaggi Olga Larcher, direttrice del collegio, il giornalista Daniele D’Avia e la fotografa Valeria, le studentesse Iris, Marta e Lodovica ovvero il trio delle Bloody Blondes che si tagliuzzano da tutte le parti (chi è sano scagli la prima pietra), l’amico Steve che traffica in pellicole rare, un mago che appare e scompare all’improvviso, Solange, la sorella dell’uccisa che sembra rosa da una morbosa gelosia. Tutti quanti in qualche modo invischiati nella vicenda e possibili autori dei delitti.

Il punto essenziale è che sembra esistere da qualche parte una copia lavoro di “Profondo rosso” che contiene alcune scene in più eliminate poi nel montaggio e ricercata dall’assassino. Inoltre c’è il diario di Clara scoperto da Susanna che improvvisamente sparisce e la stessa Susanna costretta a fuggire perché ritenuta l’autrice del delitto.

Non aggiungo altri particolari per non scoprire troppo la trama. Prosa ricca, fresca, pulsante, incertezze, paure, visioni, allucinazioni, quasi tutti i personaggi presentano qualche aspetto “strano”, ambiguo e misterioso che produce un’alternanza di sospetti. L’idea di una sequenza di delitti che ricalcano altri delitti non è nuova (ultimamente di mezzo pure quelli di Jack lo Squartatore) ma pur sempre interessante. Anche la tecnica corre su linee consolidate come il corsivo per l’assassino (di lunghezza non esasperata), il diario, una tragica storia passata che si riversa nel presente, qualche elemento tipico del gotico con il lampo che acceca e il tuono che schianta nel cielo e perfino il cimitero. Si potrebbe correre il rischio di una esagerazione fastidiosa ma l’autrice ha reso il tutto più leggero e fruibile attraverso capitoli brevi e il cambio veloce di personaggi e situazioni. Accanto all’ansia, all’angoscia e al martellamento ossessivo della canzone di morte non manca il movimento, la fuga, la corsa spericolata in macchina. Un viaggio dall’interno all’esterno e viceversa che tiene in continua tensione il lettore.

Per “I racconti del giallo” ecco “L’avamposto” di Maurizio Maggi. Una storia che sembra da quattro soldi, quella di Nadja Karmàl morta di infarto  nell’avamposto italiano in Afghanistan. Ma Alì Zaid, poliziotto afghano, deve saperne di più per ordini superiori. Uno sguardo crudo sulla situazione della donna in quel territorio sopraffatta da un maschilismo imperante che le nega pure lo studio. E allora non si tratta di infarto e il buio sommerge tutto e tutti. Racconto secco, preciso, con una punta di malinconia per una situazione che è rimasta immobile senza un briciolo di speranza.

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