Flumen di Filippo Strumia, elliot 2012.
Roma, agosto infernale, la città sembra sudare. I barboni, al servizio delle forze oscure del male, sono divisi in categorie: i rettili, gli aristocratici che prendono le decisioni più importanti; i barboni comuni, i cosiddetti mendicanti, tra i quali benzinai, ossia gli esecutori “uomini spregevoli” dediti al saccheggio e allo spionaggio, infine i nuovi arrivati prima dell’iniziazione. Questa è l’idea di Edmondo, pazzoide benzinaio, ex ricercatore universitario, primo sospettato della fine di Mario, anch’egli benzinaio, arso vivo, con sei lucertole intorno a cerchio, una tra i denti, le gambe “strette da una catena agganciata al palo dell’insegna pubblicitaria”, alto livello alcolico nel suo sangue, in cui si trova la sostanza Tujone che serve a preparare l’assenzio. Il primo di una lunga catena di delitti degli stessi lavoratori, con le stesse modalità. Flaminia e Carlo (di lei innamorato e visionario) responsabili del Centro di accoglienza di barboni e diseredati. Per la donna sono esseri che vanno aiutati, per l’uomo un mistero, non li ama, ma li invidia perché “si crogiolano nell’essere sporchi”.
Indaga il commissario Capuano a cui piace redigere verbali, suo modo di vivere “ironico e svogliato”, ufficio squallido, pareti sporche, sparute piante abbandonate, braccio destro Lombardo a cui spiega il suo metodo di lavoro. La vittima aveva già sporto denuncia contro un barbone che aveva danneggiato la sua pompa di benzina, di mezzo pure le sette sataniche e dunque meglio dare un’occhiata ad una di queste, i Tutankhamon Today, il cui capo sembra saperne qualcosa.
Collega di lavoro del commissario è Trimarco “fonte prodigiosa di conoscenze naturali”, angustiato per la morte del fratello da piccolo. E c’è di mezzo sempre il benzene “Questa materia odorosa, velenosa e infiammabile, che proviene dalle viscere della terra, chiudeva in sé un segreto: l’indecifrabilità del mondo con i soli mezzi della logica”. Una voce fuori campo che si inserisce nel racconto, attraverso visioni, illusioni, alberi, case, paesaggi che si sciolgono, dove tutto perde peso e consistenza, (siamo entrati nel Flumen). E insomma c’è bisogno della poesia, dei poeti, della immaginazione e del sogno (i barboni ne hanno capito l’importanza).
Dunque uno sguardo al mondo dei barboni e dei diseredati, scavato attraverso le reazioni dei personaggi (amore e diffidenza, se non schifo). Personaggi sbiaditelli, a partire dal commissario Capuano senza presa nella memoria. Libro pazzoide, onirico che si perde in certe parti del reale ingenue e poco credibili nella loro attuazione (tutta quanta l’indagine mi pare in deficit). Una amalgama tra sogno e realtà che non ho trovato del tutto convincente. Ma forse l’autore voleva proprio questo, che il lettore si lasciasse andare anche lui all’illusione senza stare a guardare il pelo della logica.
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