Occhi chiusi di Giulio Massobrio, Newton Compton 2012.

Alessandria 1961. L’architetto Cammei viene trovato morto ammazzato con un colpo di stiletto al cuore “solo, preciso, quasi senza sangue” su una panchina con gli occhi chiusi e un cartello al collo “Cammei, il primo”. Indaga il commissario Piazzi, fronte alta, capelli castano chiari, andatura dinoccolata, mascella quadrata, schivo, duro al bisogno, ex partigiano. Dopo due giorni ecco un altro morto, un barbone con il collo rotto e la nuca sfondata, anch’egli con gli occhi chiusi. Quale collegamento ci può essere?

L’indagine si sviluppa sulla vita di Cammei e dei suoi “amici” della borghesia cittadina. Luoghi frequentati: l’Opera Pia che amministra l’Ospedale, la parrocchia e il Casino dei Lettori dove giocava a carte. Piazzi ha “bisogno di muoversi con calma, osservando, toccando, annusando”, toscano in bocca, caffè e caffè per lui, piccolo ufficio al secondo piano della questura, memoria prodigiosa, mai trovato bene con i rampolli borghesi della città. La casa di Cammei gli sembra uno specchietto per le allodole, la sua vita doveva condurla da qualche altra parte dato che, tra le chiavi trovate, ce n’è una che non apre proprio niente. Si scopre che il morto aveva dei gusti sessuali particolari e che insieme ad altri teneva in mano gli affari sporchi della città. La ricerca dell’assassino è difficile, arriva un momento critico per Piazzi con la depressione, non dorme, non mangia, bruciori di stomaco, dolori cervicali, viso magro, zigomi marcati.

Parallela all’indagine una storia con frasi in corsivo ci riporta indietro nel tempo a raccontarci una tragica vicenda.

Che dire? Uno dei tanti intrecci passato-presente che si rifanno alla seconda guerra mondiale insieme alla violenza sui bambini (ormai una moda). Libro dignitoso, accettabile, dove però poco sembra originale e un aspetto della storia poco credibile.

Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it