In quest’ottica, non c’è da meravigliarsi se gli occhi accusatori si concentrano su di lui, se è lui l’elemento scatenante, l’accentratore di tutte le colpe. Così, contro di lui si scaglia l’opinione pubblica che, tra l’altro, essendo stata tenuta all’oscuro della malattia dello zarevic Alessio, non comprende questo misterioso attaccamento degli zar per l’enigmatico monaco venuto dalle lontane campagne siberiane.
Nonostante sia, come si vede, uno dei pochi a non volere la guerra, Rasputin è considerato il maggiore responsabile, lo spirito del male che ha influito sullo zar, la mente occulta che ha condannato la Russia alla miseria, alla fame, alla carestia.
Come se non bastasse, tra il 1915 e il 1916, Rasputin non conduce una vita irreprensibile, e non solo dal punto di vista sessuale. Si parla con insistenza di mazzette che riceve da influenti membri del governo per poter intercedere presso la zarina (il ministro Protopopov è tra questi) e alle sue continue ingerenze nelle cose dello Stato. Di fronte a comportamenti così gravi, si ricorre a un ultimo tentativo per riuscire ad allontanare da corte il monaco. Tentativo che è affidato al primo ministro Trepov, che offre a Rasputin un’enorme somma in rubli per convincerlo a lasciare immediatamente la capitale e tornarsene in Siberia. Ma il monaco non cede al tentativo di corruzione e ne informa subito la zarina, con il risultato che il prestigio di quello che è considerato “l’unico amico della famiglia imperiale” assurge ai massimi livelli, dopo questa dimostrazione di fedeltà e attaccamento alle sorti della corona. Di fronte a questa ennesima vittoria di Rasputin, non resta che il complotto omicida.
Il principe Jusupov, vicino agli zar, lo attira in casa sua con una motivazione pretestuosa, là in complicità con il granduca Dmitrij Pavlovic e il deputato Puriskevic, organizza un banchetto nel corso del quale Rasputin viene avvelenato con il cianuro o con dell’acido prussico, che assume in grande quantità e che dovrebbe avere un effetto letale fulminante.
Dopo alcune ore, invece, ancora il veleno non sortisce alcun effetto, e i congiurati, spaventati a morte dall’idea che il monaco sia veramente dotato di poteri sovrannaturali, dopo essersi brevemente consultati, gli sparano in pieno petto alcuni colpi di pistola e lo lasciano, credendolo morto, sul tappeto del salotto, dopo aver scaricato su di lui, ad ogni buon conto, l’intero caricatore.
È una congiura poco organizzata, visto che non hanno ancora deciso come liberarsi del corpo, quando, dopo aver confabulato in proposito, tornano dabbasso, scoprono che il cadavere non c’è più.
Rasputin è vivo e si sta trascinando fuori nella neve, verso la salvezza, lasciando a terra una larga striscia insanguinata.
Colti dal panico, i congiurati lo inseguono e lo finiscono a randellate, colpendolo selvaggiamente in un’orgia di sangue, lo raccolgono e racchiudono le sue membra in un sacco. Rasputin, a quel punto, viene caricato in carrozza e poi gettato in uno squarcio nel ghiaccio, dentro le acque gelate del fiume Nieva.
Quando il cadavere viene ripescato, si scopre che Rasputin, avvelenato, colpito a morte con un’arma da fuoco, selvaggiamente percosso a randellate, è ancora vivo quando cade nell’acqua gelida, e che finisce per trovare la morte per annegamento, nelle acque di un fiume tanto simile a quello da cui era miracolosamente scampato da ragazzo.
Il suo corpo viene ritrovato alcuni giorni dopo e c’è chi afferma che è miracolosamente conservato, fatto imbalsamare dalla Zarina. Non solo, visto che viene ossequiato come una sacra reliquia.
Durante la rivoluzione bolscevica di ottobre del 1917 i suoi resti sono violati, arsi in un rogo e le ceneri disperse al vento in un ultimo segno di spregio per colui che, per uno strano scherzo del destino, viene considerato come l’unico responsabile di tutte le colpe del regime zarista.
Politicamente la sua uccisione, ideata per preservare il regno degli zar dal suo malefico influsso e per scongiurarne la fine annunciata, non ottiene altro scopo che accelerare l’inizio della rivoluzione, la deportazione della famiglia reale e la insensata e selvaggia strage dei suoi componenti, mascherata inutilmente da pubblica esecuzione, mentre gli ideatori del complotto, immediatamente allontanati dalla Madre Russia, subito dopo l’assassinio, da uno zar fortemente indignato e da una zarina addoloratissima, paradossalmente, al riparo in terra straniera, hanno salva la vita.
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