Burt Reynolds nei panni di Steve Carella doveva rappresentare quanto di meglio si potesse chiedere. Ma la sua prova snatura il personaggio. Sta bene che anche nel romanzo emerge una certa ironia di fondo la quale giustifica il taglio da commedia del film, ma in effetti l’idea che i lettori hanno del detective Carella è leggermente diversa. Meno spiritoso, un po’ più ombroso e riflessivo, meno superficiale. In un film in cui il protagonista della serie (mi permetto di contraddire l’autore, il quale non lo ritiene tale) gioca un ruolo di secondo piano (come nel romanzo, dopotutto) la produzione ha preferito puntare sul nome di un attore di grande fascino e allora ai primi fasti (nel 1972 Reynolds aveva alle spalle solo una decina di pellicole), sebbene fosse già una star. Buona la sua prova, ma non era il Carella che volevamo vedere, tutto qua.Ottima la scelta di Jack Weston (in anni più recenti apparso in Dirty Dancing e Corto Circuito 2) per Meyer Meyer. Piuttosto in linea col personaggio, soprattutto con il ruolo che lo stesso svolge nella storia. Un bravissimo attore che fa apprezzare anche a chi non viene dalla lettura dei romanzi dell’87° l’ottimo detective Meyer.
Raquel Welch (Fantastic Voyage, The Beloved) è lì per allietare gli occhi degli spettatori. Ci riesce in modo davvero egregio, lo ammettiamo. Attrice di livello eccezionale e donna nel pieno dello splendore (poco più che trentenne, nel ’72). Il suo ruolo nel film è marginale e qualche scena sembra messa lì solo per farle girare trenta secondi di più, ma nel complesso non è lei in quanto attrice a penalizzare il film.
Senza fare una carrellata di tutti gli altri (anche se abbiamo apprezzato molto la scelta dell’attore Tom Skerritt – Top Gun, Alien, Poltergeist III – per il ruolo di Bert Kling) passiamo direttamente al Sordo, l’uomo che ha messo in difficoltà Carella e soci. Il nome di Yul Brynner parla da solo e subito vengono alla mente le scene di un film indimenticabile, con Brynner al fianco di nomi del calibro di Steve McQueen e Charles Bronson: I magnifici sette (1960).
In …e tutto in biglietti di piccolo taglio, anche se è il cattivo per eccellenza, deve accontentarsi di un ruolo minore, visto che di lui, del Sordo, si parla tanto, ma le apparizioni non sono poi molte. Ma bastano a dare maggiore lustro a un film che abbiamo detto essere davvero poco riuscito.
Singolare la scelta di cambiare leggermente il finale della storia. Come promesso non sveleremo nulla, ma rimane la sensazione che l’idea del romanzo fosse buona e che si potesse fare un piccolo sforzo per riproporla anche nel film. Soprattutto in alcuni dettagli che, venendo a mancare, rendono il Caso più determinante di quanto non sia in realtà. Già in Allarme: arriva la “madama” questo espediente, pur funzionando e mantenendo il suo fascino, è molto al limite. Nel film viene privato della struttura che l’autore vi aveva costruito attorno e rimane nudo. Se l’idea era quella di far sembrare i detective dell’87° inetti e sprovveduti il film riesce nell’impresa molto più chiaramente di quanto non faccia il romanzo. Se non sapessimo che dietro c’è la stessa persona, magari staremmo qui a recriminare all’infinito.
Curiosa invece l’idea di “rubare” una scena al romanzo precedente, Chiamate Frederick 7-8024. Un dettaglio simpatico, nulla di più, che verrà notato solo dagli amanti della serie e che non cambia nulla, sia nella trama che nella sostanza. Una sorta di omaggio, forse, al romanzo che ha presentato per la prima volta il personaggio del Sordo.
In definitiva passa quasi in sordina il cambio di ambientazione. La città di McBain è costruita a immagine e somiglianza di Manhattan, New York, e anche i quartieri circostanti possono facilmente essere individuati: Calm's Point (Brooklyn), Majesta (Queens), Riverhead (Bronx) e Bethtown (Staten Island). Nel film siamo invece a Boston, ma è davvero poco importante.
Perdiamoci in qualche conclusione generica. Abbiamo visto che il personaggio del Sordo non si limita a essere parte della trama, ma per l’autore rappresenta qualcosa di più, serve a fornire quella credibilità che nel corso degli anni ha inseguito con costanza. Il Sordo è quindi colui che mette a nudo i limiti degli uomini che milioni di lettori in tutto il mondo hanno imparato ad amare. Uomini, per l’appunto, non geni eccentrici e infallibili. Però, siccome siamo sempre calati all’interno del meccanismo del poliziesco e della finzione, impossibile immaginare che i ragazzi dell’87° distretto possano essere beffati da un delinquentello qualunque. No, in questo una concessione alla dimensione del romanzo la si deve fare. E così il genio questa volta è dall’altra parte, dalla parte del male. È lui quello infallibile, o quasi.
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