All’inizio volevo scrivere l’elogio della vecchiaia, ma poi il richiamo della prostata, che mi ha fatto stabilire il nuovo record di velocità fra lo studiolo e il gabinetto, mi ha convinto che non c’è mica tanto da elogiare questa ultima parte della vita. Tra l’altro mi pare che qualcuno in passato lo abbia già fatto con ottimi risultati. Rimando a lui.

Allora mi sono buttato sulla lentezza. Andando in giro per blog e nella vita ho incontrato tutta una serie di lamentele sulla lentezza e dunque sulla pesantezza sfibrante di certi libri. Una noia, una lagna, una palla! Di converso un elogio sperticato della velocità, del brio, del guizzo, della mitragliata di parole, e insomma della corsa continua e dirompente.

Io non sono certo contrario ad un ritmo pimpante, figuriamoci! Ai miei tempi andava di moda il rock and roll e il twist che era un piacere sgambettare da tutte le parti, ma poi ci si riposava pure con balli alla mattonella che era ancora meglio.

Le mie satirette, tra l’altro, sono lì a dimostrarlo. Saranno pure banali e scareggiose ma lente di certo no. Però, però tutta questa fretta, tutta questa voglia di movimento assatanato che prende le nuove generazioni di lettori (e non) un po’ mi agganghisce (mio conio). Mi blocca, mi mette ansia. Mi instilla un dubbio. O che saranno da buttar via tutti quei creduti capolavori dove un ballo non finisce mai e le descrizioni dei luoghi, degli interni, dei paesaggi durano quanto i ricami delle nostre sante nonnette? Quei libroni, insomma, dove si finiva per ciondolare la testa arrivati appena ad un centesimo del tutto?

Ma il dubbio dura un attimo perché quei libroni mastodontici, lenti e pesanti si leggevano con calma, con rispetto del tempo dovuto, cercando di assaporarne i minimi dettagli. Senza fretta, senza furia che nessuno ci correva dietro.

Non so ma tutta questa odierna voglia di brio, di sorridente leggerezza, di allegro scorrazzar veloce di parole a volte mi sa tanto di spensierata superficialità. Compresa la mia, si capisce.

E allora un elogio alla lentezza bisogna farlo. Che poi la tartaruga, con il suo passo lemme lemme, dura anche cent’anni.

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Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it

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