Poi si girò, come se avesse voluto che la si fosse guardata, come se sapesse che là dentro, in quella piccola insignificante trattoria, dall’insegna sbiadita, e dalla vetrina d’altri tempi, ci fossi io, che la guardavo e scrutavo le sue gambe, alla ricerca di una qualche imperfezione, ovviamente assente. -Porca miseria! Ma...è Giovanna !
Mi precipitai fuori, quasi buttando all’aria il tavolo e non facendo in tempo a pulirmi del tutto lo sbaffo di fegatino col tovagliolo, mentre balzavo fuori, travolgendo quasi un’anziana signora, appoggiata ad un bastone e a quattro zampe.
-Ma che modi... Villano !
-Ma va a morire...
Intanto la fanciulla si era voltata e guardava divertita la scena: un’anziana vecchietta che picchia un baldo giovane, beh insomma...quasi: avevo già passata la quarantina da un pezzo, ma mi sentivo ancora un giovane dentro. E in quel momento il testosterone sobbolliva.
-Enrico!
-Giovanna! Ma sei proprio tu?
-Come stai? Che fortunata occasione: è parecchio che non ci si vede. Hai quasi ammazzato quella vecchietta innocua, disse ridendo.
-Vecchietta innocua quella? Al confronto, il dottor Mengele era un chierichetto, esclamai tastandomi la spalla nel punto dove quella racchia mi aveva randellato col bastone.
-Ovviamente sei uscito, perché si mangiava bene, e quindi tenendoci alla linea hai recepito un comando inconscio...
Cominciavo a preoccuparmi: la Giovanna che conoscevo, che avevo conosciuto dieci anni prima sempre bella era stata, ma non così lessicalmente ferrata: cos’era successo ? Non dico che fosse un’oca, ma neanche una cima. Era stata sempre una ragazza dalla vita mondana molto variegata: ai nostri tempi usciva sempre con un ragazzo diverso, ai tempi dell’università, e dopo la serata ognuno dei suoi cavalieri ritornava a casa propria...molto soddisfatto. Questa Giovanna, almeno a primo acchito sembrava diversa. Non so, un’espressione del volto, una tensione irrisolta, una tristezza mal sopita.
Mi cadde nuovamente, chissà perché, lo sguardo sulla curva delle sue gambe, dei polpacci e delle cosce e poi piacevolmente sui suoi piedini: se una donna esibisce i piedi d’estate devono essere curati...
Giovanna era ancora quella di un tempo, attenta ai particolari. Ma...il resto?
-Infatti. Sai, ultimamente non riesco ad andare in palestra e quindi faccio attenzione a quel che mangio.
-Infatti, si vede. Crostini con fegatini per caso?
-Dannazione, mi dissi. Era riuscita ad intravedere una microscopica particella di color bruno marrone ed era riuscita a dedurre che fosse il resto di un fegatino? Cominciava seriamente a preoccuparmi quella capacità di deduzione. La Giovanna che mi ero lasciata alle spalle si era trasformata in uno splendido cigno da un insignificante anatroccolo (parlo di qualità intellettuali e non fisiche, ovviamente)? Qual’era stata la causa di quel così manifesto cambiamento? Decisi di investigare.
-Hai pranzato, mia cara? Francamente, guardandoti mi è venuto un certo appetito.
-No,no, mio caro. Se ti son venuti certi pensierini lasciali perdere, ormai le mie grazie non so più accessibili.
-Ti sei fatta suora laica?
-No. Sono una ragazza seria, non so se capisci.
Fu come se un camion mi fosse passato sopra: impegnata stabilmente? Ma era proprio cambiata!
E quella Giovanna che si dava a tutti, anche al lattaio e all’idraulico che eran andato a ripararle il lavabo, che fine aveva fatto? Era improcrastinabile, a questo punto, un mio impegno affinché riuscissi a comprendere perché mai fosse cambiata così profondamente.
-Ti posso comunque invitare a pranzo, ora, oppure sei impegnata?
-Se prometti di non infilare la mano sotto la gonna…
-Prometto, esclamai con impegno alzando la mano destra e giurando (ma tenendo anche la sinistra abbandonata lungo il corpo e incrociando le dita).
-OK!
Sorrise, con un sorriso che voleva significare che sapeva che ci avrei provato comunque ad accarezzarle l’incarezzabile.
Decisi di portarla a mangiare in una trattoria oltre il Ponte delle Grazie: quale posto migliore per una grazia simile, di fattezze angeliche? Gli occhi verdi smeraldo mi fissavano e la bocca meravigliosa, e naturale, non rifatta con quelle labbra gonfiate così come si vedeva a piè spinto in qualsiasi televisione locale e non, si muoveva con sensualità: il testosterone in ebollizione avrebbe dovuto essere lenito da una buona dose di bromuro.
Il viaggio nella mia decappottabile fu un vero tormento: quelle belle gambe abbronzate vicino e la impossibilità di accarezzarle...
Ah, mondo rio!
Finalmente arrivammo.
La trattoria era affollata all’una, ma un posto per due riuscirono a trovarcelo (il padrone del locale era un amico. E mi guardò con un sorrisetto compiaciuto): gli sussurrai
-Giovanni, non un tavolo in cui si stia di fronte, ma un posto in modo che si stia affianco.
-Ho capito. Di nuovo in azione?
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