Già mi ero allenato con “La gabbia delle scimmie” di Victor Gischler. Voglio dire a correre di qua e di là per gli spazi creati dal noto scrittore insieme a Charlie Swift detto il “Sarto”. Per cui, quando mi sono trovato davanti a Corri, uomo, corri! di Chester Himes, Meridiano Zero 2009, non l’ho fatta troppo lunga. Se c’è da correre, corriamo. A dir la verità un po’ di titubanza l’ho avuta, perché alla fine del primo libro ero rimasto a terra con il fiatone come i cani d’estate, ma poiché non mi piace arrendermi ho accettato di nuovo la sfida. E questa volta mi sono trovato a mulinar gambe insieme a Jimmy Johnson. Non in Florida ma tra i vicoli di Harlem.

Jimmy Johnson, dicevo, giovane studente nero che lavora come inserviente notturno in una tavola calda “bersaglio dell’implacabile assassino, un agente di polizia corrotto e ferocemente razzista che vive in uno stato di perenne ubriachezza”. Praticamente il detective Walker, Matt Walker, trentadue anni, scapolo e donnaiolo. Che ha fatto fuori due neri in un batter d’occhio. Il terzo, il nostro Jimmy è in ospedale infagottato come un pazzo. Nessuno gli crede (cioè che il poliziotto gli abbia sparato), né la sua fidanzata, né il suo avvocato che lo ha fatto liberare. Ed ora si trova a respirare aria di città con la fifa addosso che Walker gliela faccia pagare. Dubbi, tormenti, angoscia, paura in un continuo confronto con se stesso e (soprattutto) con la sorella. Solo contro tutti come nel più classico dei classici. E se si deve morire lo si faccia a viso aperto.

Linguaggio secco, duro, senza tanti fronzoli, talora spietato come gli esseri che si muovono in questo caos di città “tra cabaret equivoci, bische clandestine, botteghe di barbiere e stazioni di polizia”. E puttane. Chi vince è il colore della pelle e il dio quattrino. Ma non sempre le storie finiscono male.

 

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