Mi accorsi di non sopportare più quel linguaggio inutilmente volgare, quella sguaiataggine di maniera, quel voler essere al centro dell’attenzione, quel cercare la rissa. Ormai io non ero più con loro.

 

Quel pomeriggio aveva un cammino di pietra, il tempo non passava mai, poi, finalmente fu l’ora. 

Non ci misi molto ad arrivare al luogo del nostro appuntamento, avevo avuto tutto il tempo per studiare un percorso per raggiungerti velocemente senza sbagliare, senza perdermi nei vicoli e vicoletti che segnavano Firenze. La porta del giardino era aperta, la spinsi, "Kiya!" sussurrai nella penombra, " Sei tu Amhose? ", "Si". Ti avevo ritrovata. L'abbraccio fu intenso, il bacio che ci unì senza fine. Poi ti staccasti da me " Moriremo stanotte? " "Si" "Quante volte ancora?" "Tante volte, quanto volte una vita abita in tremila anni, dobbiamo tornare a Tebe. ", " Ci pugnaleranno?" "Sì, non temere, ti sarò vicino" Furono le nostre ultime parole.

 

L'ansia di amore ci avvolse nel buio sempre più fitto della notte. L'alba offrì rifugio al nostro sonno. Ci svegliarono urla e tagli nella carne. I fratelli di Simeone, con le daghe ormai insanguinate ci colpivano con forza e ferocia, ogni colpo ci avvicinava alla morte dei corpi, ogni colpo ci conduceva al viaggio da riprendere. Dal sangue rosso che ti ricopriva, iniziò a prendere forma un'immagine prima velata, poi più nitida. Eri tu Kiya, donna di Tebe, che ti liberavi dal peso di un corpo ormai vissuto. "Guardalo, ride!" disse una voce, "Sarà ubriaco." proseguì un'altra, "Glielo faccio vedere io, a questa carogna!". L'ultimo colpo liberò anche me; adesso eravamo sopra i nostri corpi e vedevamo quei quattro bruti infierire sulla tua femminilità, come bestie.

Ondeggiavamo liberi nell’aria del primo mattino. Quanta differenza tra la loro animalità terrena e la nostra leggerezza! Riprendemmo il viaggio.

Il viandante che si fosse trovato a passare vicino a quel giardino, avrebbe rabbrividito al bacio freddo della folata di vento che traversò il vicolo. Certamente avrebbe ne avrebbe dato colpa a quell'inverno che non si decideva a finire e quella primavera che stentava ad avanzare... Nessuno avrebbe visto il volo verso Tebe di Kiya ed Amhose, mano nella mano, occhi negli occhi. Ma questa è già un'altra storia.

 

FINE