Pertanto il seggio elettorale, l’unico in quel paese, era stato allestito in un locale attiguo all’Osteria del Vino Buono, in una saletta comunicante con la sala dell’Osteria e che era usata per le cene private: qualche battesimo, una volta per un compleanno, anche se il più delle volte era usata come deposito per le vettovaglie. Una soluzione davvero insolita, giacchè si preferiscono istituzioni pubbliche per tenervi le consultazioni elettorali, ma la paura di dover scendere di circa ottocento metri per una mulattiera ripida e andare a votare nel paese vicino, che si diceva portasse male, aveva convinto il Sindaco a disporre, d’intesa con la Prefettura di Potenza, anche per motivi di ordine pubblico, quella insolita soluzione. Cosicché l’oste fu ben contento, quando il Comune gli propose di affittargli quella Sala per realizzarvi il seggio elettorale.

Era una saletta di circa sette metri per cinque, con una sola finestra che si affacciava su un bel giardino; ma accedervi, era cosa impossibile, dato che sbarre di solido ferro ne facevano una solida inferriata: pare che nella guerra francospagnola, fosse stata usata come cella degli interrogatori e poi riservata alla detenzione dei prigionieri, quando l’osteria ancora non esisteva.

                      SCHEMA DEL SEGGIO

 A     = Cabine elettorale (cadavere nella A)

D     = Urne e rappresentanti di lista

E     = Scrutatore

F     = Presidente

X     = Finestra sbarrata

Z     = Porta

           

 Il giorno prima delle Elezioni, il sabato, fu silenzioso, rotto solo verso sera da una pioggia insistente che rese le strade impraticabili, trasformando la terra in una fanghiglia compatta: pareva quasi che in quel paese le forsennate discussioni, le parole dette alle spalle, le calunnie, le parole malevole, i giudizi massacranti, gli sguardi concupiscenti, i desideri inenarrabili, i sermoni accusatori, lì, in quel paese arroccato sulle pendici di un monte dimenticato da tutti, non vi fossero mai stati.

Cosicché, il giorno delle elezioni, il 1° giugno del 1998, Domenica, l’atmosfera che regnava nulla faceva presagire una domenica diversa da tante altre: il cielo era minaccioso, ma nelle stradine regnava uno stuzzicante profumo di ragù di carne, e fuori alle porte di alcune casette erano stese ad asciugare le paste fatte in casa.

Nell’Osteria del Vino Buono, si era insediato, dal pomeriggio precedente il Seggio: posta la sola cabina vicino alla finestra, così da ricevere luce in pieno giorno dall’ampia finestra, le urne sigillate erano state poste su un tavolo a metà della stanza, e sistemati vicino ad angolo retto i due tavolini dove avrebbero firmato gli atti lo scrutatore unico, il Dott. Menicucci, medico condotto, e il Comm. Mangialardi, Presidente del Seggio. Quindi sulla porta era stato apposto il sigillo, e solo l’indomani mattina, riapertolo, la Commissione ne aveva preso possesso.

Le operazioni cominciarono alle ore 7,00.

Fino alle ore 14,00 aveva votato quasi mezzo Paese.

Alle ore 17 avevano votato quasi tutti: mancavano cinque  sei persone, tra cui proprio Luisella Bona, cui la sua lista aveva chiesto di recarsi al voto o all’apertura del seggio o alla sua chiusura, così da non richiamare eccessiva attenzione.

Quando alle 17,18 si presentò al seggio munita di certificato elettorale e di Carta di Identità, tutti ammutolirono alla vista del suo abbigliamento, quanto di più morigerato si potesse vedere a riguardo di un convento di clarisse: pareva che gli ammonimenti giunti da Roma fossero stati presi alla lettera.

Consegnati i documenti e ricevuta la scheda di voto e una matita non cancellabile, si recò verso la unica cabina posta vicino alla finestra, nonostante lo scrutatore le avesse detto che non era ancora libera, ma si fermò dovendo aspettare che si liberasse. Poi, quando si liberò ne prese possesso. Poco dopo, si affacciò fuori della tendina rossa: aveva uno sguardo stralunato, e balbettava cose incomprensibili.

“Signorina, si sente male?”, mormorò il Dott. Menicucci. Nessuna risposta, solo farfugliamenti incomprensibili. Luisella Bona indietreggiò e rientrò nella cabina. Un attimo dopo..

Qualche minuto prima, Piero Alteri, investigatore privato, si aggirava nell’Osteria. Ad attirarlo non era stato il Seggio, bensì le numerose armi antiche, alabarde, spadoni a due mani, e balestre. Il suo libretto del Touring segnalava quell’Osteria in quanto pare che vi avesse pranzato il Comandante delle truppe Spagnole di passaggio lì, nel 1708. Tuttavia le balestre erano più antiche: risalivano a circa il 1430, alla Guerra delle Due Rose, giacchè lì, non si sa per quali motivi, era venuto a prender dimora un Capitano delle Guardie che aveva combattuto al soldo di Riccardo di York, Duca di Gloucester, divenuto in seguito Riccardo III. Ecco perché quell’Osteria era conosciuta anche come l’Osteria della Rosa Bianca.