Più di mille anni fa lo avevano fondato, pare, i Saraceni, che compivano scorrerie nelle vicine Puglia e Campania, spingendosi persino a Roma; da allora a Castel di Bosco, arroccato sulla cima di un colle brullo e roccioso, pareva che il tempo non fosse passato.

 Il paese aveva conservato intatta la sua fisionomia: le stradine strette e tortuoso, le salite e le improvvise discese, la pavimentazione in chiancherelle, i palazzi di aspetto medievale, in pietra, con rampicanti che si inerpicavano fin sotto i balconi. E di sotto una vallata, e l’Emento che scorreva, qua e là interrotto da gruppi di rocce e grossi sassi, per poi spuntare altrove e riprendere il suo fluire.

Orbene, nel Comune di Castel di Bosco, si tenevano le elezioni amministrative.

In quel 1998, erano opposti sei candidati appartenenti a sei liste diverse: una civica, una di estrema sinistra, un’altra di centro, una di centrodestra, un’altra di estrema destra, ed una di cui non si capiva quale fosse l’idea ispiratrice.

In quel piccolo comune arroccato sull’Appennino Lucano,ma alcuni dicevano essere Campano, a circa 1400 metri di altezza, vivevano un migliaio di cittadini, per cui, a ben vedere, la presenza di ben sei liste, era un fatto rimarchevole. Spiegato, a ben donde, dal fatto che in quel paese, scavi effettuati per costruire un grande Albergo, avevano riportato alla luce un villaggio Neolitico. Si era scatenato quindi un macello: c’era chi minimizzava il tutto, privilegiando l’aspetto turistico, che per quel piccolo paese avrebbe significato il mezzo per cercare di risolvere i mille problemi, soprattutto di disoccupazione, in cui si era trovato dopo che una nota fabbrica automobilistica aveva dismesso la produzione, licenziando molte persone, e la presenza di un Hotel a 4 stelle, appartenente ad una multinazionale del ramo, avrebbe sicuramente significato per molte famiglie la possibilità di respirare nuovamente e recuperare un minimo di tranquillità economica; c’era chi affermava che non si poteva coprire il tutto, perché quel Villaggio rappresentava il lontano passato del Paese, che ora sarebbe stato noto anche agli altri, e chissà..forse qualcuno avrebbe onorato maggiormente quel piccolo Villaggio stanziando fondi per dotarlo di servizi presenti in tanti altri Comuni; e c’era infine, chi diceva che la scoperta di una preesistenza affondante le proprie radici in un lontanissimo passato, avrebbe significato la notorietà, un museo, la presenza finalmente del nome di Castel di Bosco anche sui depliants di maggior impatto turistico, e questo avrebbe significato comunque tanti soldi e un lancio del Paese in grande stile. Insomma tante voci,e ciascuna era l’espressione di una diversa idea politica.

Comprensibile quindi l’attesa per quelle elezioni amministrative, il cui significato si arricchiva di valori prima non esistenti, e c’era anche qualche emittente televisiva che si aggirava in quel piccolo paese, in cui non esisteva neanche la Farmacia: solo una chiesetta con un piccolo campanile rompeva il silenzio montano con i suoi rintocchi. Un’osteria, una sola, costituiva lo spazio in cui ci si incontrava( confinante con il Municipio, anche se chiamare Municipio quella casa così uguale a tutto il resto, pareva una sensibile esagerazione) in cui si incontravano gli uomini, mentre le donne di solito stavano a casa.

Ma anche in quel baluardo del passato, era arrivata la folata dei nuovi tempi: si era cominciato a vedere qualche ragazza, etichettata subito dalle donne più anziane, come una “spudorata” o una “puttana”, avanzare in quelle scoscese stradine, pavimentate in pietra, con il reggiseno in evidenza. Inutile pensare che il vecchio curato, responsabile di quell’avamposto della tradizione montana e contadine, non avesse subito colto l’occasione per lanciare i suoi strali contro la modernizzazione che avrebbe minacciato le coscienze e i cuori dei suoi fedeli.

Fatto sta, che proprio una di quelle ragazze, testimoni del nuovo corso, una gran bella ragazza, capelli castani lunghi, occhi verdi penetranti, efelidi e una bocca sensualissima, un seno florido e il fisico asciutto e fresco di una ventiseienne, si presentava alle elezioni, nella lista di sinistra.

E si capisce quindi come mai le elezioni si fossero caricate di un livello di tensione prima assente: la scoperta archeologica si sommava ai venti di modernizzazione rappresentati dai turgidi capezzoli che si intravedevano sotto la maglietta, soprattutto quando il suo colore era molto chiaro.

Una diatriba,che rimbalzata non si sa come nelle città ormai avvezze alle esigenze della moda, aveva infervorato le coscienze dei più, e già dei sondaggi erano stati fatti e dei professoroni interpellati per chiarire come mai, alle soglie del 2000, in quello sperduto paese si fosse così turbati dalla visione di due bei seni. Il livello della discussione molto alto, e certe ripercussioni nella politica nazionale, avevano convinto i più preoccupati a mandare lassù un manipolo di poliziotti, comandati da un ViceCommissario: mancava infatti persino la Stazione di Carabinieri, presente in qualsiasi sperduto posto d’Italia.