Elide Bernasconi, come tutte le sere, si trattenne da sola a lucidare la macchina del caffè, per lei era un rito, dopo aver messo tutte le sedie rovesciate sui tavolini, spazzato e lavato a fondo l’impiantito, si lasciava quella pulizia come momento nel quale potersi rilassare. Certamente a quel punto della giornata non le mancava la voglia di riposarsi un po’, ma quello stare da sola le faceva sentire la bottega un po’ più sua, per questo mandava via i banconieri ed i camerieri.
Lentamente passava e ripassava lo straccio finchè non riusciva a specchiarsi nelle cromature, quasi l’accarezzava, come si fa con un amico prezioso. Mettere via i fondi ormai spremuti lasciandosi prendere da quell’aroma, sforzandosi il più possibile a mantenerne la sensazione. Infine si sedeva guardando attorno, rimirandosi il bar, pezzo dopo pezzo. Le bottiglie dei liquori nazionali, le etichette più pretenziose di quelli esteri, i bicchieri pulitissimi, brillanti, quasi trasparenti, le tazzine ordinate sopra la macchina, l’insegna, le sedie, i tavolini, il jukebox.
Ogni pezzo aveva una propria storia, nella storia di Elide, ogni pezzo era la sua nuova storia. Di Elide ce n’erano state due, il bar ne segnava il confine e la realizzazione.
Seduta, aspettava ancora un po’ prima di spengere definitivamente le luci ed andare verso la banca per versare l’incasso giornaliero.Qualche volta Paolo, anzi l’ispettore Paolo Forti, passava da lì per farsi l’ultimo goccetto della giornata o, per meglio dire, il primo dopo il servizio, poi la notte sarebbe stata loro.
Lo aveva conosciuto qualche anno prima, anzi lo aveva conosciuto la prima Elide quella che batteva attorno alla Fortezza, durante una retata della Buoncostume.
Adesso era diverso, quella Elide non c’era più, anche la città era diversa, vedersi normalmente con Paolo non costituiva più imbarazzo, soprattutto per lui. Elide, sapeva delle battute con le quali i colleghi lo avevano massacrato ed i rischi che Paolo aveva corso con i superiori, per aiutarla. In certi casi, passare da poliziotto a supposto magnaccia è veramente questione di poco. Ma quella simpatia nata in momenti difficili, adesso proseguiva piana e tranquilla. Nessuna illusione per il futuro, ma almeno potevano vivere un presente di comprensione e tenerezza..
Aspettava Paolo anche quella sera, ci sperava, l’incasso era stato buono ed avrebbe preferito non essere sola nell’andare allo sportello automatico della banca.
Non si preoccupò quindi, quando sentì alzare la saracinesca, pensava che fosse lui. Invece no, il suo passato, nell’aspetto più sgradevole, in quel momento stava entrando nel bar..
“ Sorpresa! Che fai rimani muta? Allora ? Su dai, non sarò mica tanto cambiato da non riconoscermi più?”. Lo aveva riconosciuto invece: Franco Bastiani detto il Pipa e non perchè fumasse.
Per Elide fu un tuffo al cuore, si trovò sbalzata all’indietro di quindici anni. Chiozza, un paesino della Garfagnana vicino al Passo delle Radici, inizio anni ’60, il boom ancora lontano, un posto arretrato più che depresso.
Elide, una ragazza bella al naturale, come lo erano le donne di quegli anni, che aspettava l’occasione per scappare da quel luogo che sentiva senza futuro, Franco Bastiani un rappresentante di commercio pieno di idee, di chiacchiere e di calze di nylon.
Allora usava così, chi viaggiava per lavoro sapendo di recarsi certe zone, si portava dietro una bella scorta di calze, trucchi ed altre miserie con le quali, in anni successivi, i nostri dongiovanni sarebbero diventati famosi nei paesi dell’est.
Poi aveva la macchina, una giardinetta verde militare della ditta, ma sempre una macchina con la quale poter viaggiare, forse fuggire.
Franco non tardò molto con i suoi modi da gran signore a far colpo su diverse ragazze, che quasi se lo litigavano nelle serate di ballo al circolo ricreativo. In una di queste sere, Elide si sentì osservata a lungo, ne fu orgogliosa. Iniziò il gioco degli sguardi, poi delle parole, prima respinte quindi contraccambiate, secondo l’uso dell’epoca che proibiva alle ragazze di dare subito confidenza ad un uomo sconosciuto; iniziarono a ballare, e non solo.
Quasi subito Franco la strinsè con forza facendola aderire al suo desiderio, e stringendola le parlava, le parlava….
“Pensa un’altra città, che dico, la città per davvero! Altro che questo buco di paese! Qui sei sprecata, che ci fai? Ma ti ci vedi fra qualche anno, sfatta come tutte le altre donne, qualche moccioso attaccato alle sottane, la giornata passata ad aspettare un bischero di marito! Via, una come te! Lo sai... Eeeh bei vestiti, lavori facili, soldi, belle compagnie….” Lei lo ascoltava rapita “Sai cantare?” le chiese, “ Ho un caro amico che gestisce un locale alla moda, bella come sei per te sarebbe semplice fare successo, e da lì...poi...”
Elide sognava, convinta che sognare non costasse niente, che tutto fosse possibile solo allungando una mano.
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