Avanzava lentamente nel salone enorme, immenso. Calcolò che per raggiungere la scrivania falso rinascimento di Aragosti sarebbero stati necessari almeno sessanta passi. Accanto aveva il fido Piccione (fido di Aragosti) che procedeva, con il suo noto passo pattinato, sui lucidissimi marmi del pavimento.
Alle pareti le gigantografie di due vecchie famose battaglie riportate su affresco: la battaglia di Anghiari e quella di Cascina, miracolosamente riemerse da una intercapedine di Palazzo Vecchio dopo un rovinoso crollo dovuto all’incuria degli uomini.
Accanto alle riproduzioni, pannelli altrettanto giganteschi con aggiornamenti, attimo per attimo dell’attività aziendale.
Tutto era disposto per incutere soggezione e riverenza in chi si fosse avventurato per il salone.
Le stesse sensazioni che turbavano il buon Sasà Quintili, via via che avanzava su quell’impiantito lucido e scivolosissimo, nonostante fosse quattro anni che vi lavorava, non si era ancora abituato a quel luogo, a quell’ostentazione di potere.
L’edificio nel quale si trovava la società, in altri tempi era stato un centro di culto religioso: le statue a pinnacolo, ormai ridotte a tronchi informi, stavano ancora a testimoniarlo. Con il rivolgimento intervenuto con l’avvento del Papato Riformato, aveva perso questa funzione e nessuno si era curato più né del valore artistico né del riferimento di fede che era stato.
Era accaduto infatti che, in un tempo ormai remoto, dopo essersi scannati fraternamente in nome dello stesso dio, le tre principali religioni monoteiste, vista la tumultuosa disaffezione dei fedeli, avevano pensato di riunificarsi per cercare di frenare un dissolvimento che sembrava inarrestabile.
Obbiettivo non facile, date le posizioni radicali di molti esponenti delle corti curiali; dopo un intenso lavorio, tra atroci sofferenze equamente distribuite, trovarono una base comune per il credo, quindi si rivolsero ai luoghi di culto.
Compiti altrettanto complesso e difficile. Cancellarono i segni esteriori delle vecchie fedi: solo la parola ed il pensiero potevano rappresentare l’essenza della divinità. Scalpellati i quasi dissolti affreschi, tagliate le tele, sostituite le vetrate.
I nuovi templi non dovevano mantenere identificazioni con il passato, per questi motivo una dopo l’altra furono abbandonate tutte le antiche chiese, le sinagoghe, le moschee non riadattabili.
Ciò accadde anche alla vecchia basilica, orgoglio e vanto di un’intera pianura.
Ma quello che non è buono per i santi può essere buono per i fanti: la speculazione non tardò ad appropriarsene per pochi spiccioli.
Del resto la collocazione era centrale, facilmente raggiungibile e con un gran piazzale nel quale i camion ad idrogeno potevano facilmente fare manovra.
Il piano terra fu riadattato per magazzini ed uffici, la ristrutturazione procedette su su fin quasi al tetto, lì venne realizzato il salone dal quale regnava Aragosti.
Ormai Sasà Quintili era prossimo alla scrivania falso rinascimento, accanto alla quale troneggiava un altrettanto falso e tronfio mappamondo ligneo. Aragosti fece un cenno brusco della mano per invitare Sasà a sedersi, Piccione si ritirò scivolando silenziosamente sull’impiantito. Non appena sentì chiudersi la porta sul fondo, Aragosti alzò lo sguardo verso Sasà. “Allora?” “Allora che?”, “Quintili non faccia lo sciocco, sa benissimo perché l’ho fatta chiamare! Allora, il contratto? Dobbiamo procedere, no?”
“Dobbiamo…nessuno ci può obbligare…” disse Quintili mentre sentiva i morsi della colite nervosa che sempre lo attanagliava in quei momenti. “Quintili, non mi parli adesso delle sue personalissime valutazioni, noi sappiamo, ed i megaschermi ne sono una conferma, che se vogliamo mantenere le nostre posizioni di mercato, dobbiamo stringere questa alleanza strategica. Ce lo conferma anche il nostro costosissimo software di valutazione dello sviluppo aziendale. Non vorrà mica che il software sbagli?”, “Non dicevo questo, però il software ce lo hanno venduto loro.” “Vuol dire che quelli della SAL Co. sono dei truffatori? Ripeto l’alleanza è strategica, dobbiamo procedere. Alle corte, oggi è venerdì, lunedì mattina voglio sul mio tavolo il suo parere positivo di congruità del contratto che, ripeto, dobbiamo stipulare. Adesso vada, vada che ho da fare!”, “Ah, un ultima cosa: si tolga quell’aria da ometto tutto d’ un pezzo che si porta dietro. Li conosco io, quelli tutti d’ un pezzo!”.
Sasà Quintili, quasi senza respirare in silenzio, si mosse per uscire. Nell’allontanarsi i morsi della colite nervosa allentarono la loro presa. Succedeva sempre così. Alla porta guardò indietro per un ultimo deferente saluto, tempo perso. Aragosti aveva ripreso la propria infernale battaglia navale con Bustazzoni, capo della Divisione Varie ed Eventuali della comune Società Telpo ltd, multinazionale di attività logistiche.
Aggiungi un commento
Fai login per commentare
Login DelosID