La fabbrica di bambole dove lui lavorava, fu eccezionalmente autorizzata a proseguire la produzione seppure in modo ridotto. Gli articoli vennero indirizzati verso i conventi che, in fondo, avevano bisogno dei propri trastulli.
Fu in quel periodo che vide e si innamorò di Betty. Un lampo, come succede sempre la prima volta.
La solitudine, la fame, la paura, la promiscuità più sordida divennero quasi accettabili. Il mondo gli sembrò improvvisamente migliore. La guardò intenzionalmente per giorni e giorni, poi quando ebbe la sensazione di essere accettato la fece sua.
Il solaio della fabbrica fu il loro regno e l’abbaino la finestra sull’universo. Non era mai stato così felice. Durò poco, fu scoperto. Non seppe mai se ciò fosse dovuto ad una spiata oppure ad un controllo più accurato sul numero di bambole bionde mod. Marika (il nome Betty glielo aveva messo lui) prodotte dalla catena 75. Non lo seppe mai. Imparò in fretta la durezza del castigo.
Fu gettato in uno scantinato fetido ed umido, percosso più volte.. Lui resisté pensando intensamente a lei. Solo a lei. Quando lo liberarono, la produzione del modello Marika era cessata, adesso alla catena 75 producevano palloni da basket.
La delusione fu forte, troppo forte, la vita gli divenne difficile. Pensò alla fuga. Visse per fuggire.
Un giorno, colse un certo discorso tra due guardie: “E’ scappato un altro…Al solito modo? Si, nel carro dei morti…lo hanno visto andare verso la palude del delta del fiume…vanno tutti lì, c’è una comunità di fuggiaschi…la palude li difende, è difficile arrivarci…”.
Per giorni pensò a quelle parole, indagò, cercò, fece domande, mise insieme i risultati. Individuò il modo per entrare nello stanzone dove venivano raccolti i morti. La fabbrica era grande, gli operai numerosi, la sporcizia, il freddo, la denutrizione erano scogli difficili da superare.
Ogni giorno partiva un carico. Di notte entrò nello stanzone, si mescolò a quei corpi, trattenne il respiro quando lo caricarono sul camion. La tela che lo ricopriva non fu un ostacolo difficile da superare. Sceso a terra, si mosse verso quella che riteneva la strada per la palude. Non fu facile trovare abiti per cambiarsi, rimediare qualcosa da mangiare, camminare nel bosco con ciabatte scalcagnate. In quei giorni pioveva a dirotto. Lacerandosi le mani e le braccia, forzò lo sbarramento dei rami bassi, ne uscì graffiato e stravolto. Riusci a proseguire per la volontà di raggiungere la palude. Finalmente il bosco ebbe termine, la vegetazione iniziò ad abbassarsi, si aprì davanti lui una valletta riposante. Un rumore lo scosse “Mi cercano!” pensò acquattandosi dietro un dosso coperto da rovi. Sentì dei passi davanti a sé. Si appiattì ancora di più. Ogni piega del suo corpo era indirizzata verso quel calpestìo. Che non sentì più. Non sentì nemmeno lo sparo ed il rumore che fece il proiettile fracassandogli il cranio. Non sentì più niente, solo pace.
La vanga penetrava facilmente nel terreno inzuppato, il milite smoccolava sentendo l’acqua scendergli per il collo. “Ecco un altro illuso, ci cascano tutti come idioti. Pensa nell’ultimo carico ce n’erano tre che si erano nascosti tra i cadaveri. Lui è riuscito a scendere, gli altri due adesso sono sciolti nell’acido” disse l’altro mentre cercava di fumare una sigaretta bagnatissima. “La favola della comunità di fuggiaschi funziona sempre. Sapessero del chip sottopelle, aspetterebbero con più serenità la propria morte, così è uno scherzo riprenderli.”, “Beh, ci teniamo in allenamento, no? Te lo immagini se uno di loro riuscisse a fuggire e raccontasse tutto? Sai il casino che ne verrebbe fuori!”, “In fondo le favole sono fatte apposta per fare sognare, e questi hanno sognato sempre: le vacanze quasi gratis, le donne facili, la bella vita, la fuga dallo stabilimento…”, “Secondo te questo da quanto tempo era con noi?” “Mah, forse quindici, forse venti anni! Lui però avrà avuto la memoria di qualche mese, forse i primi, con tutte le droghe che gli abbiamo dato per farlo lavorare!”. “Questa cosa mi ricorda quel libro…come si chiamava?…Pinocchio! Ecco sì, Pinocchio! Quello del Paese dei Balocchi…ricordi?” “Si, prima si va nel Paese dei Balocchi poi si torna asini. Succede spesso.” “Speriamo non a noi”, “Chi può dire?”. L’ uomo che vangava sentì un brivido lungo la schiena, non era l’acqua che gli scendeva per il collo.
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