Cascina Gobba, hinterland milanese, novembre, nell’aria una miscela letale di nebbia ed aghi  ghiacciati di pioggia, ore 5,30, stazione della metropolitana.

Mario, camminava nervosamente lungo i binari, sulla banchina. Non aveva previsto quell’alzataccia, era il suo compleanno ed aveva programmato una giornata di assoluto riposo tra le mura di casa.

Un po’ di fumo, qualche canzone dei Clayton Forbes, e…alcol. Sì. Era riuscito a trovare durante lo svuotamento di  una cantina, una vecchissima bottiglia di brandy. Era roba che in commercio non si trovava più  dall’inizio della seconda depressione.

Il brandy! Altro che quegli insulsi derivati di sintesi  della plastica, che ormai avevano sostituito le sane ed invecchiate pigiature di uva. Il brandy, ed un sigaro perbacco! Ma un sigaro vero, di quelli che circolavano ormai solo nel mercato nero. Fatti i conti, si era programmato una giornata capace di volatilizzare il suo stipendio di ricercatissimo ingegnere di mineralogia archeologica.

Chissà che faccia avrebbe fatto Pamela alla notizia, ma in fondo quarant’anni si hanno una volta sola.

 

Questi erano i pensieri di un Mario imbufalito, dopo aver ricevuto la telefonata dalla propria Direzione Generale. “Hanno trovato sulle carte la posizione di un giacimento archeologico di nettezza. Occorre andare subito sul posto e fare i primi saggi!”, “Ma veramente…”, “Il ritrovamento è strategico per la Società, quindi niente se e ma! Prepari i bagagli e parta!”.

Dopo la seconda depressione, le materie prime erano pressochè introvabili sulla Terra; chi ne aveva se le teneva gelosamente strette, agli altri non restava che il riuso dei rifiuti e la sintesi chimica per riprodurre prodotti e sapori ormai non più presenti in natura.

Le vecchie discariche, perlopiù abusive, erano diventate importantissimi giacimenti dai quali estrarre quei pochi materiali ancora capaci di fornire le molecole di base.

Chi aveva traccia di questi giacimenti, erano solo gli eredi delle vecchie famiglie della eco mafia, che fiutando l’affare non avevano perso tempo: avevano costituito società “pulite”  ed ormai giravano per l’Italia con la kefiah coperti da distintissimi caffettani di seta. Gli ormai inadeguati i gessati di ordinanza, erano appannaggio delle legioni di ragionieri estorsori e geometri usurai, ultimi stanchi avvoltoi di una popolazione esausta.

 

Camminava Mario lungo i binari della metropolitana, mandando a memoria tutte le bestemmie che sapeva ed inventandosene di nuove. La nebbia gli scavana nel collo corridoi di freddo, la metropolitana non arrivava, la pensilina era densa di buio.

La crisi energetica della seconda depressione aveva colto impreparato il paese, ormai tutti gli orari dei mezzi pubblici erano una pia illusione, una speranza: si viaggiava solo quando era possibile spremere un po’di energia dalle Centrali a pedali.

Ne sapeva qualcosa Pamela, addetta alla produzione di corrente a ciclo nello stabilimento della   Torre Velasca, dove quindicimila cinesi, pedalando pedalando, assicuravano a Milano il funzionamento dei trasporti e degli altri servizi pubblici.

Si sa, i cinesi sono piccoli, leggeri ed amano pedalare, gli slavi, i serbi e gli albanesi invece, venivano impegnati nello scavo delle vecchie discariche. Quando ogni tanto qualcuno spariva dentro cavità che si aprivano improvvisamente sotto i piedi, veniva subito rimpiazzato da un altro extracomunitario prelevato dai Centri di Stoccaggio.

 

Camminava Mario, nel buio ed in quel silenzio, in quel freddo si sentiva ancora più solo. Quella notte non si era visto nemmeno il “Bambinaio”. Era questo il soprannome che aveva dato ad un vecchio ogni tanto appariva improvvisamente lungo i binari della metropolitana.

Lo aveva notato per l’andatura da corvo sciancato mentre spingeva un carrello, simile ad una carrozzina,  pieno di oggetti ferrosi, teneva sempre in mano una vecchissima radio a transistor, grande come un mattone, di quelle che una volta erano alimentate a pile.

“Dove troverà le pile? Ma le producono ancora? Forse sono di quelle ricaricabili. Possibile, ma dove trovava la corrente per farlo?”

Lo aveva incuriosito con quell’andatura traversa, con quella radio, sempre solo, come lui del resto. Non aveva mai capito dove andasse e di cosa vivesse, aveva finito con il considerarlo parte integrante del paesaggio. Non si erano mai parlati, nemmeno un “Buongiorno!” di circostanza, solo un lungo, intenso sguardo da parte del vecchio.

Non vedendolo quella mattina era quasi preoccupato, poi pensò che “Povero vecchio, con questo freddo sarà rimasto a letto” e se ne dette pace.

 

“Giornale radio: L’ottantaquattresimo governo Berlusconi ha disposto le prime misure per la sicurezza dei cittadini…”, il suono improvviso di una radio lo sottrasse ai suoi pensieri. “Ma allora c’è!” pensò Mario allegro di poter scambiare uno sguardo con un suo simile. “Ma dov’è? con questa nebbia non si vede niente!”, “  Il ministro per la cultura nazionalpopolare, ieri ha disposto che, nel centocinquantesimo anniversario della scomparsa, il premio Telegatto d’Oro sia intitolato al grande poeta Sandro Bondi, il mondo intellettuale del paese ha commentato entusiasticamente la notizia…”