Ero in ufficio insieme a Manganelli, mi pare di venerdì del mese di…di…non ricordo bene.., ad interrogare un gruppo di ragazzacci dai quindici ai vent’anni che erano stati sorpresi a bruciare le macchine nella zona di San Prospero della mia città. Un passatempo, come quello di gettare i sassi dai cavalcavia, che allora andava tanto di moda nel nostro paese.“Chi di voi è il capobanda?”. I delinquentelli si guardarono fra loro accennando ad un tipo dai capelli a spazzola basso e tarchiato che si alzò dalla sedia con un sorrisetto ironico.“Mi sembra che non abbiate capito dal vostro atteggiamento la gravità della situazione. Tu dunque, saresti il capo di questa combriccola?”. Il ganzetto aprì le mani in segno di assenso facendolo seguire da una sfrontata biascicatura di cilingomma.“Bene, bene vedo che sei un osso duro. Intanto butta via nel cestino codesta robaccia che hai in bocca”. Il tono non ammetteva repliche. Il capobanda sorrise, dette uno sguardo ai suoi affiliati, poi tolse di bocca la gomma, la mise tra l’indice e il pollice e la scagliò direttamente nel cestino centrandolo in pieno. Poi si dondolò spavaldo sulle anche.“Bel colpo. Come bello è stato quello di bruciare le macchine. Solo che il primo non vi costa nulla, mentre il secondo vi costa qualche annetto di galera”. Qualche ragazzaccio incominciò a sbiancare, mentre il capello a spazzola sorrise ancora, anche se in maniera meno convincente.“Tuttavia prima di sbattervi tra le sbarre mi piacerebbe conoscere il motivo di questa bravata. Tu come ti chiami?”.

“Franco”.

“Allora Franco, perché avete bruciato quelle macchine?”.

“Ma…non saprei, per passatempo, la sera ci si annoia, la solita vita, le solite cose. E poi lo avevano già fatto a Roma e a Parigi…”

“Certo, non era bello rimanere indietro. Siena non doveva essere da meno…”.

“Insomma, commissario, per provare qualche emozione”.

“Come sono cambiati i tempi!” intervenne Manganelli che li stava osservando con gli occhi torvi. “Io, quando ero giovane, per avere una sferzata di adrenalina, andavo a rubare le ciliegie. Una volta il contadino mi acciuffò e mi dette una di quelle scariche di legnate…”.

“Manganelli! Ti pare il momento di raccontare le tue bravate? Qui siamo di fronte ad un fatto grave, gravissimo…”.

“E’ vero, commissario. Ma dico, ragazzi, non ve ne rendete conto?”. La frase del mio braccio destro cadde nel vuoto perché proprio in quel momento bussarono con insistenza alla porta.

“Avanti!”.

“Commissario, mi scusi se la interrompo, ma nei giardini di Vico Alto è stato trovato un cadavere”.

La notizia mi colpì come un pugno di Tyson al basso ventre. Non svenni per volontà degli dei e per la prontezza dei riflessi di Manganelli che, nonostante la pinguedine, fu pronto a sorreggermi. Ci recammo nel luogo indicato lasciando la banda dei teppisti sotto la custodia del Pasquini. Arrivammo nella zona suddetta a sirene spiegate come aveva voluto il mio salvatore. D’altra parte ogni tanto bisognava che gli dessi soddisfazione. E l’occasione forse se la meritava. Ad attenderci c’era già un bel capannello di gente curiosa che circondava una panchina vicino alla quale stava per terra un signore. Al nostro arrivo tutti si voltarono verso di noi.

“Largo, largo! Lasciate passare la polizia!” gridò Manganelli con volto accalorato. Poi, rivolgendosi ad altri tre sottoposti che erano venuti con noi, “Tenete lontana la gente, mandatela via. Non vogliamo nessuno intorno”.

“Chi ha scoperto il cadavere?”.

“Manganelli, ti vedo vispo e pimpante e ciò ti fa onore. Ricordati, però che ci sono anche io”.

“Mi scusi, commissario, mi ero lasciato prendere…”.

“Non lasciarti prendere. Calma e sangue freddo. Dunque chi ha scoperto il cadavere?”. Si fece avanti un signore anziano con gli occhiali e dal viso spiccicato a quello di una tartaruga delle Galapagos.

“Io” rispose debolmente, diventando un po’ rosso dall’emozione. “Mi sono avvicinato a questa panchina dove era seduto…era seduto quel signore…Mi scusi…”

“Sono il commissario Marco Tanzini, non si preoccupi, capisco la sua agitazione. Parli con calma. Si prenda tutto il tempo che vuole”.

“Sa, sono vecchio e…”.

“Il commissario ha detto che la capisce, signor…?” chiese Manganelli.

“Mi chiamo Quinto Carlesi”.

“Bene, vada avanti”.

“Dunque…mi sono avvicinato alla panchina dove quel signore sembrava che dormisse ripiegato su se stesso. Mi sono messo a sedere vicino a lui. Poi, appena l’ho toccato con il braccio, è caduto disteso in avanti. Ho come avuto un tuffo al cuore, commissario. Mi è venuta una paura…”.

“La capisco, la capisco…”.

“Il cuore ha incominciato a battermi forte, commissario, lei mi capisce…a questa età…”.

“Il commissario ha già detto che la capisce!” intervenne Manganelli con un tono un po’ alterato.

“Manganelli, lascia stare…”.

“Lascio stare, ma questo insiste…”.