Usciti i colleghi rimasi solo con me stesso. Quella fu la notte più lunga della mia vita. Ormai ero deciso. O trovavo qualcosa di concreto o avrei dato io stesso le dimissioni. Non c’erano alternative, non potevo vivere più in quello stato di ansia continua. Prima di tutto mi feci un bel caffè forte, accesi uno dei miei sigarelli lunghi, mi stravaccai come al solito sulla poltrona preferita gustando il caffè e aspirando profondamente il fumo. Poi chiusi gli occhi riassumendo mentalmente tutti gli avvenimenti e le osservazioni che erano state fatte. Ogni tanto avevo un piccolo sussulto, mi pareva di avere capito qualcosa, mi sembrava di avere scoperto il perverso meccanismo di quei crimini, ma erano solo falsi allarmi. Eppure, eppure spesso il mio pensiero si fermava inconsciamente a quei benedetti pedoni, ai Cavalli e all’Alfiere tenuti fra le mani di quei poveri morti e altrettanto inconsciamente mi appariva il volto di Sally incorniciato da una massa di fuoco. Che ne fossi innamorato? La ragazza era un tipo, aperta, sveglia, attiva, piena di energia…Ecco l’energia. Ne avevo appena per stare in piedi, figuriamoci per innamorarmi. Scartai l’idea dell’innamoramento. Allora perché i pezzi degli scacchi e la sua figura si presentavano insieme? Che nesso logico poteva scattare in quel mio cervellaccio mezzo addormentato? Ad un tratto la luce, come se fossi abbagliato da un faro nella notte. Con Sally avevo giocato diverse partite, tutte perse tra l’altro, maledizione…ma tra le tante ce n’era una che poteva…ma sì… Mi alzai istintivamente, presi la scacchiera, la stesi sul tavolo, vi misi sopra i pezzi e cercai di ricostruire, con il cuore che incominciò a battere più forte, le prime mosse della variante di cambio della Spagnola: 1.e4 e5  2.Cf3 Cc6  3.Ab5 a6  4.Axc6+ dxc6…Mentre muovevo elencavo meccanicamente i pedoni e i pezzi che venivano spostati: un pedone bianco, un pedone nero, un Cavallo bianco, un Cavallo nero, un Alfiere bianco, un pedone nero, un Alfiere bianco che cattura un Cavallo nero, un pedone nero che cattura un Alfiere bianco…Rimasi come fulminato. Le restanti forze residue del mio fisico e del mio cervello riuscirono a compattarsi. I pedoni e i pezzi erano gli stessi di quelli trovati nelle mani di quei poveri disgraziati! Dunque un collegamento c’era. Si trattava di una partita a scacchi! E se di partita a scacchi si trattava due dovevano essere i giocatori e due, non uno, gli assassini! Sentivo di essere vicino alla soluzione ma mancava un dato importante. Come faceva uno dei due giocatori, ammesso che la mia idea fosse giusta, a capire che il primo pedone bianco era proprio quello di Re e che era stato mosso dalla casa e2 di partenza alla casa e4 di arrivo? Ed il ragionamento valeva anche per gli altri pedoni e i pezzi. Mi concentrai di nuovo. Non dovevo abbattermi. Bevvi un altro caffè e fumai un altro sigarello. Poi andai al bagno e mi lavai la faccia che stava perdendo qualsiasi connotato di specie umana. Forse fu proprio in quel momento che la dea bendata ebbe compassione di me. Ritornai nello studio e mi ritrovai tra le mani la lista dei morti che avevo scritto tempo fa con i nomi, i cognomi e l’indirizzo della loro abitazione:1)      Amelia Esposito, via Petrucci 42)      Luigi Ermini, via Sant’Angelo 53)      Ferdinando Falugi, via Pellai 34)      Silvana Cauccioli, via Reatina 65)      Cosimo Biondi, piazza del Sale 5

6)      Carlo Aldobrandi, via Sant’Orsola 6

7)      Roberto Corsi, via Romana 6

8)      Marino Donati, via Pratesi 6

La lessi e la rilessi fino a quando…Incredibile, impossibile, ma forse…Allora fui preso dalla stanchezza e caddi sulla poltrona come corpo morto cade.

 

Un adorabile vecchietto

 

La mattina seguente, cioè qualche ora dopo, mi svegliai perché durante il sonno, evidentemente agitato, mi ero mosso ed ero scivolato lungo la poltrona per finire steso sul pavimento. Ero stordito, ma ritornai alla realtà mettendo letteralmente il capo sotto il rubinetto del lavandino. Il primo pensiero fu quello di telefonare alla persona che pensavo fosse utile a cercare di chiudere il cerchio. Almeno così speravo. La telefonata fu lunga e molto, molto interessante. Uscii così come mi trovavo, dopo avere ingurgitato due budini di riso che tenevo al fresco nel frigorifero. Quelli non mancavano mai. Non mi feci neppure la barba e mi avviai a incontrare Erminio Gazzarri in via Lombardia 28. Ci arrivai con la mia punto verdolina che erano all’incirca le dieci. Abitava in una palazzina isolata in un quartiere residenziale dell’Acqua Calda formato da alcune villette a schiera contornate da splendidi giardini. Quello di Erminio Gazzarri era decisamente bello ed ordinato, vi erano fiori ed una serie di piante bene allineate che non avevo mai visto. Al suono del campanello si affacciò un signore anziano dalla barba e dai capelli bianchissimi, vestito in maniera elegante che mi accolse con un aperto sorriso.

“Mi dica”.