“Anche lei appassionato del gioco degli scacchi?” mi chiese ad un certo punto della mia muta riflessione con gli occhietti spiritati.“Perché…non mi dica che anche lei conosce o si interessa a questo gioco!”“Beh, non dico di essere una campionessa ma me la cavo”.“E da quanto tempo si dedica a Re e Regine?”.“Da poco, prima di essere mandata qui come…come…”.“Come?”.
“Come supporto psicologico…”
“Guardi che io non ho bisogno di un bel supporto di nulla” risposi lievemente alterato se un qualsiasi tipo di alterazione è possibile in uno stato di completo torpore psicofisico.
“Allora diciamo che sono stata mandata da lei solo per farle compagnia”.
“Questa è già meglio anche se…”.
“Lasciamo da parte il motivo per cui mi hanno spedito al suo commissariato. Saputo che qui gira un maniaco che, dopo avere ucciso, mette nelle mani delle sue vittime pezzi di scacchi, ho voluto saperne di più su questo gioco. Pensavo che mi poteva essere di aiuto per le indagini”.
“Da un punto di vista professionale le fa onore. E così è da poco tempo che…” ritornai alla carica perché mi era venuto in mente di sfidarla, per vedere la sua reazione di fronte ad una debacle scacchistica segnata dal destino. Erano anni e anni che mi dedicavo agli scacchi. Sarebbe stata una passeggiata. Sally la Rossa avrebbe trovato pane per i suoi denti. Una vittoria completa e sicura su un tipetto come quello, che mi aveva tenuto testa poco prima, mi avrebbe tirato su di morale.
“Eh, sì, da poco tempo”.
“Facciamo una partitina, così tanto per rilassarci?” proposi con l’aria più innocua di questo mondo.
“Come vuole, commissario. Io sono pronta” rispose senza tentennamenti. Iniziai la partita con un ghigno di maligna superiorità che andava dagli angoli della bocca fino ai lobi degli orecchi. Tra l’altro avevo il Bianco e potevo impiantare il sistema di gioco che più mi era naturale. Entrai in una Tromposky che conoscevo a menadito, dato che me l’aveva insegnata il professor Bafio Tolti, un vecchio amico, vero esperto in proposito. Purtroppo anche lui se ne era andato da questo mondo e forse stava giocando con qualche angelo in paradiso o diavolo dell’inferno. In Purgatorio non ce lo vedevo. Pace all’anima sua. Entrai dunque nella Tromposky con la felicità di un bimbo che apre la porta di una pasticceria. Come previsto cambiai il mio Alfiere camposcuro con il suo Cavallo piazzato in f6 e mi apprestai a giocare macchinalmente almeno una quindicina di mosse che sapevo a memoria. Tutto facile, tutto liscio come l’olio anche perché Sally, da perfetta ingenua, non seguiva per nulla le sacre mosse previste dalla teoria, ma muoveva evidentemente i pedoni e i pezzi a casaccio senza un filo logico, come succede spesso ai neofiti. Mi sentii quasi in colpa per una vittoria troppo facile e così schiacciante. Senso di colpa che se ne andò presto a farsi friggere, perché le venne in soccorso una fortuna, ma una fortuna così sfacciata da ribaltare l’esito scontato della partita.
“Se devo essere sincero ho giocato con un po’ di sufficienza” dissi soffiandomi deliberatamente il naso senza che ce ne fosse bisogno per nascondere un lieve rossore.
“Me lo aspettavo. Da un cavaliere come lei…” rispose sbattendo più volte le palpebre di quei due occhietti neri che pungevano come spilli. Nella seconda partita ebbi il Nero e riuscii a impiantare, senza che Sally se ne rendesse conto, naturalmente, un Dragone della Siciliana sul quale ero ferratissimo. Tra l’altro, sempre il mio vecchio amico Bafio Tolti, pace all’anima sua, mi aveva regalato un libro da lui scritto proprio su questo antico mostro e non vedevo l’ora di mettere in pratica i suoi insegnamenti. Sapevo tutto sul sacrificio di qualità nella casa c3 ed in altre case della scacchiera, sul sacrificio del Cavallo o dell’Alfiere nella casa g4, sul sacrificio del Cavallo in e4 e b2 e su altri strabilianti sacrifici del Nero in questa altrettanto strabiliante apertura. Tra l’altro era completamente sparito quel senso di colpa di qualche minuto prima, per cui me ne stavo curvo sulla scacchiera come un falco pronto a ghermire la preda. Andando avanti nel gioco mi venne in mente che anche il Bianco aveva le sue belle frecce da scoccare, i suoi bei sacrifici di pezzi. Mi ricordai di un pedone che si immolava in e5, di un Cavallo che si offriva in olocausto in f5, di una Torre che si schiantava su un Cavallo in h5, di un’altra Torre che si avventava in h7 ecc…Bene, bene avevo tutto sotto controllo. Solo che in quella partita non successe nulla di tutto questo. Non un sacrificio neppure piccolo piccolo, ma un tric e trac di una noia mortale che finì per portarmi in una situazione desolatamente persa con un pedone bianco che se andava beato in ottava traversa, per trasformarsi nella più fulgida delle Regine. Senza che nessuno dei miei pezzi potesse raggiungerlo.
“Uggiosa questa partita” dissi con un filo di voce.
“Non le do torto, ma non tutte le partite possono essere alla Kasparov” replicò secca.
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