“…A vedere “Il randello dell’avvocato 2””. Rimasi di sasso, il randello mi aveva effettivamente colpito, ma non volli dargliela vinta.“Ma figurati, con quello che c’è in giro oggigiorno che cosa vuoi che sia il…“Il ran…”.“…quello lì…In ogni modo lasciamo perdere…De gustibus…”.“De che?”.“Fa niente Manganelli,…Piuttosto c’è ancora chi ha scoperto il cadavere?”. Il mio braccio destro fece un cenno di assenso con la testa.

“Bene, sentiamo che cosa ha da dirci”. Lo “scopritore” era un tipo strano dagli occhiali spessi e dalla faccia mal rasata. Emanava anche un odore particolare che faceva a pugni con il profumo.

“E’ lei quello che si è accorto del cadavere?”.

“Sì, sono io”.

“Ci dica quello che è successo”.

“Era da poco finito il primo tempo di un film che ad essere sincero…”.

“Lasci stare il film che già mi immagino come sia”.

“Dunque si erano accese le luci, quando io mi alzo un po’ per sgranchirmi e girandomi butto lo sguardo su una persona alle mie spalle. E incomincio a gridare”.

“E perché?”.

“Ma perché, perché…lo può vedere anche lei…”.

Vedendolo anche io riuscii a capire la ragione dell’urlo. Il disgraziato era un tal Ferdinando Falugi di sessanta anni, pensionato, abitante in via dei Pellai 3. Era seduto sulla poltrona con le braccia allargate e il viso leggermente rialzato verso l’alto. Quello che mi colpì era l’espressione terrorizzata ed i due occhi che quasi erano usciti dalle loro orbite.

“Un bella vista, non c’è male. Possibile che sia l’effetto del film?” commentò Manganelli. Non era l’effetto del film ma, come ci spiegò più tardi il solito Serbelloni, della Larussitia-horribilis, un’altra pianta velenosa, che aveva mandato il Falugi all’altro mondo tra le diciotto e trenta e le diciannove, per mezzo di una caramella il cui involucro era stato rinvenuto ai piedi del medesimo.

“Ancora una caramella?”.

“Purtroppo, ancora”.

“Ma siamo sicuri?”. Il Serbelloni non rispose, ma arrossì lievemente.

“Facevo così per dire. E questa volta qual è l’effetto di questa Larussa…?”.

“Larussitia”.

“Di quella lì”.

“Colpisce il nervo ottico e provoca un collasso nervoso”.

“Come se si vedesse il diavolo in persona?”.

“Più o meno, o forse più”.

Rutella, mastellaria, larussitia… ma…ma questi nomi latinizzati derivano dai nostri uomini politici. O sbaglio?”.

“Non sbaglia”.

“Ma perché questa scelta così inusuale?”.

“Perché questi nomi danno proprio l’idea degli effetti che possono provocare i veleni”.

“Porc…la spiegazione non fa una grinza”.

Nessuno degli habitue, come diceva il Manganelli, che erano presenti alla proiezione, riuscì a fornirci una pur misera indicazione sulla persona che, in qualche modo, si era avvicinata al povero Falugi. Il fatto, poi, che si fosse trovato un Cavallo bianco stretto nella sua mano sinistra, ad eccezione di una acuta diarrea al sottoscritto, non fornì nessun aiuto alle indagini. A questo punto decisi di andare dal dottore.

 

 

Dal dottore

 

In vita mia sarò andato dal dottore un paio di volte. La prima perché da ragazzo mi spaccai una gamba cascando da un albero di susine che aveva attirato fortemente la mia attenzione, la seconda quando dovettero farmi la visita per il servizio militare. Poi non ricordo facce di dottori. Ma in quel periodo feci ammenda di tutte le volte che non c’ero stato. Quei casi irrisolti mi avevano procurato tutte le malattie del corpo umano. In modo particolare quelle inerenti al sistema nervoso. Andare dal medico non sarebbe nulla se non ci fosse da aspettare. Da aspettare in un lungo corridoio affollato di pazienti che altro non fanno che parlare di malattie. Quelle loro, quelle di parenti e degli amici vicini e lontani. Un vero sollucchero.

 “Come va Angiolina? E’ tanto che non ti vedevo”.

“Come va, come va…da vecchiarelli. Si tira avanti…”.

“O che hai?”.

“Che ho…che ho…Mi fa sempre male la testa, mi prendono i capogiri che non sto in piedi”.

“E che ti ha detto i dottore?”.

“Che mi ha detto…che mi ha detto…La voi sape una ‘osa”.

“E dimmela”.

“Anche loro in certe malattie, un ci capiscano nulla. Sarà la circolazione, sarà questo, sarà quest’altro. Intanto io mi tengo i mal di testa e casco per terra”.

“Ovvia, un ti buttà giù. Prova ad andà dal dottor Corradi, quello che ha l’ambulatorio alle Fornaci, vicino a Castellina. Pensa che ha guarito la cugina di mi zio Francesco che aveva i tuoi stessi sintomi. E’ tanto bravo, e poi una persona così carina, così gentile…”.

“Ma quanto piglia?”.

“Ma piglia poo e poi se si tratta della salute, via…”….

“Allora, Marcello, che ci fai qui da i dottore? Un ti c’ho ma visto”.

“Da qui in avanti mi ci vedrai”.

“O che t’è successo? Me lo po’ dì?”.

“La prostata”.

“Anche te?”.

“Anche io. A questa età s’ingrossa e qualche volta se non vo di corsa a i gabinetto me la fo addosso. Accidenti alla vecchiaia!”….