Me lo sentivo. Si dice sempre così. Quando si deve fare una cosa ma si teme istintivamente di sbagliare. E poi la si fa lo stesso maledicendo, magari, il momento in cui si è fatta. E’ quello che mi è successo voltando e rivoltando fra le mani  questo Il mistero del lago di Nora RobertsFanucci 2007, un Malloppone di 495 pagine. Già le presentazioni dovevano mettermi sull’avviso. Soprattutto quella in alto sulla prima pagina “Nora Roberts sa appagare il lettore a ogni singola pagina” che di solito equivale ad un “lascia tutti insoddisfatti”. Ma qui c’era la solita protagonista femminile che mi ha attirato nel trabocchetto. Ed io ci sono cascato.

In seconda di copertina “Reece Gilmore è l’unica sopravvissuta a una terribile strage, e ha impiegato anni per lasciarsi alle spalle quella vicenda. Si stabilisce nell’Angel Fist, nel Wyoming, per cominciare una vita normale: Una sera, durante un’escursione lungo lo Snake River, mentre osserva il panorama col suo binocolo nota una coppia che discute sempre più animatamente; poi, in un attimo, l’uomo aggredisce la donna, e

la strangola. Reece chiede aiuto alla prima persona che incontra, il solitario e scontroso Brody, ma quando torna con lui sulla scena del delitto, non c’è nulla che possa testimoniare quanto è accaduto. E nonostante nessuno-o quasi- le creda, lei è certa di quanto ha visto, e non avrà pace finché non sarà riuscita a trovare l’assassino potendo contare solo sull’amore di Brody, che le farà scoprire un mondo di erotismo e sensualità da tempo dimenticato”.

Ad essere sincero l’inizio non è male. C’è questa Reece Gilmore che scappa da qualcosa o qualcuno che la turba e la tiene terribilmente in ansia. Poi, mano a mano che la matassa si dipana e il mistero si scopre, allora vengono i guai. Per il lettore, intendo. Un contorcimento parossistico e assurdo della sua vita interiore con dialoghi lunghi un chilometro che avrebbero messo a dura prova anche la pazienza di Giobbe. Uno scavo psicologico che porta francamente alla esasperazione. In più la solita storia d’amore con la solita lagna la do o non la do, no non la do, sì la do, vedremo quando

la do. E quando la dà la dà proprio per bene. Nei minimi particolari tanto si perdesse qualcosa. Una vivisezione dell’amplesso con risultati ora banali, ora quasi ridicoli. Se si esce poi dai meandri della protagonista la trama è piuttosto semplice e già sin dall’inizio si intravede l’assassino.

Troppa insistenza, troppo accanimento. Troppe parole. Si poteva ottenere un risultato migliore con metà pagine. Lo dico sempre. E’ difficile tenere a bada un Malloppone.

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