“Uno spettro si aggira per le librerie:il Giallo. In tutte le sue diaboliche forme. Dal mystery al noir, dal thriller all’horror, dallo storico all’esoterico e chi più ne ha più ne metta. Pile su pile di tenebrose copertine e titoli agghiaccianti si alzano minacciose verso l’incauto lettore che si avventura tra le grinfie del nuovo Moloch della moda a cui si sacrifica tutto:il necessario e l’inutile, l’intelligente e lo stupido, il bello e il brutto. Con la scusa che trattasi di un moderno mezzo di interpretazione della realtà il Giallo è divenuto un contenitore in cui si possono infilare tranquillamente le elucubrazioni più strampalate, le scene più vomitevoli, lo stile più ampolloso e involuto. E’ una replica continua, una zolfa che si ripete all’infinito. Ormai il grido di battaglia di scrittori e editori è Giallo, sempre Giallo, fortissimamente Giallo. Anche dei più infimi (sia editori che scrittori).”
Ecco l’inizio di un mio articolo di qualche tempo fa in cui mettevo in luce uno dei fenomeni più sciagurati del nostro tempo: la proliferazione infinita del giallo con conseguenze incalcolabili per la salute mentale della popolazione, soprattutto di quella dei giovani. E così è stato. E così sarà se non si mette fine a questa assurda tragedia umana. Per cercare di evitarla ogni mezzo è buono, ogni mezzo è lecito. Se il giallo nasce dalla mente contorta di certe persone, maschi o femmine che siano, allora occorre estirpare la mala pianta dalle radici. Fuor di metafora. Li facciamo fuori. Ma prima occorre scovarli, riconoscerli, smascherarli.
Per chi ha già scritto qualche libro o qualche racconto è facile. Hanno segnato il loro destino sulle copertine delle loro schifezze. Non possono scappare. Per gli altri, per tutti coloro colpiti dal virus del giallo ancora in incubazione, la faccenda si fa più complicata ma possono venire in soccorso alcuni sintomi che si accompagnano alla funesta malattia. Facile scoprire chi è stato colpito dal virus del Tuttologo. Di quello che sa tutto e scrive di tutto (leggere la Satiretta n°3). All’interno di un racconto o di un romanzo (futuro) poliziesco. Faccia rotonda, rubizza, occhietti spiritati, petto in fuori, scilinguagnolo sciolto, e parla e parla e parla di tutto e di più. Occorre fermarlo prima che scriva, scriva e scriva. Se poi disgraziatamente fosse uno che si sarebbe limitato a parlare, pazienza. Meglio un innocente morto che un giallista (soprattutto Tuttologo) vivo. Per tutti gli altri occorre un occhio ed un orecchio assai vigile e attento.
Attento ai tic nervosi, ai sorrisetti furbetti, allo sguardo sospettoso, a certi atteggiamenti di innata superiorità, a certe espressioni come elementare Watson, ho una certa idea (gialla) che mi passa per la testa, ora te la invento io una storia mozzafiato, Agatha Christie mi fa un baffo, ma chi crede di essere Simenon?, glielo faccio vedere io a di Scerbanenco, se ce l’ha fatta quel bischero di Faletti, con un po’ di buco di culo come quello di Dan Brown, non sarò Ellroy, però…, la Cornwell mi lega le scarpe, oddio che ci vorrà a scrivere come Lucarelli! E così via.
Qualcuno potrebbe obiettare che la cosa non è per niente fattibile. Oggi tutti, proprio tutti, scrivono gialli. Dal farmacista al becchino, dall’avvocato al muratore, dal poeta al giornalista, dal filologo al venditore di tappeti persiani, dallo scacchista (ne conosco bene uno) al domatore di tigri albine. O meglio, forse è più fattibile del previsto. Basta ammazzarli tutti. Bene, ammazziamoli tutti. Compreso lo scacchista che conosco.
Il problema è che chi rimane con ogni probabilità è anche lui/lei uno/a scrittore/trice di gialli.
E allora?
Preghiamo per il suicidio.
Sito dell’autore www.libridiscacchi.135.it
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